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Sanità
07.11.20 - 17:000

Il futuro primario di chirurgia al Cardio: "Continuiamo con la filosofia del Prof Moccetti, ovvero non essere secondi a nessuno"

Pedrazzini: "Questo avvicendamento dovrà segnare un rilancio del Cardiocentro e confermare il suo ruolo di istituto di valore internazionale. Sarà fondamentale il gioco di squadra. Valgimigli? Qui per contribuire al rilancio"

di Marco Bazzi

LUGANO - Per Giovanni Pedrazzini, il prossimo, sarà un Natale speciale. Dal 23 dicembre il medico locarnese sarà infatti primario di cardiologia al Cardiocentro Ticino. Nato all’ospedale La Carità il 10 ottobre del 1960, Pedrazzini rileverà dunque il ruolo che per tanti anni è stato del suo maestro, il professor Tiziano Moccetti. 

Dopo la laurea in medicina conseguita al CHUV di Losanna nel 1985, si è specializzato in medicina interna, prima alla Carità e poi all’Inselspital di Berna. Dopo un breve periodo a Locarno, come capo clinica è tornato a Berna per dedicarsi alla cardiologia. Dopo aver conseguito il titolo di specialità ha seguito un’ulteriore formazione in cardiologia interventistica dapprima all’Inselspital e, successivamente, all’Ospedale universitario di Zurigo.

Nel 2012 ha ottenuto la “Venia Legendi”, la prestigiosa attestazione accademica che attribuisce al medico la facoltà di insegnare e di condurre autonomamente progetti di ricerca. Sei anni dopo è stato eletto presidente della Società svizzera di Cardiologia, primo ticinese a ricoprire questo ruolo. Dal 2017 fa parte del gruppo di medici chiamati a realizzare la nuova Facoltà di scienze biomediche dell’Università della Svizzera italiana, della quale dal gennaio prossimo sarà decano.

Professor Pedrazzini, immaginiamo che nonostante lei sia già coprimario, e che figuri tra i medici che vent’anni fa hanno gettato le basi dell’Ospedale del Cuore, riprendere il testimone dal Prof sia una sfida importante...

“Certo che lo è, molto importante! Ma più per il Cardiocentro che per me, perché avviene in un momento delicato: l’integrazione nell’Ente Ospedaliero Cantonale. Ne ho parlato a lungo con il Prof, ed entrambi siamo d’accordo su un punto fondamentale: che questo avvicendamento dovrà segnare un rilancio del Cardiocentro e confermare il suo ruolo di istituto di valore internazionale. I prossimi mesi dovranno servire a riportare serenità ad ogni livello, facendo in modo che tutti i collaboratori possano esprimersi al massimo del loro potenziale. In questi 20 anni abbiamo costruito tantissimo, abbiamo creato un team di altissimo livello, che adesso dovrà dare il meglio di sé, perché entrando nell'Ente Ospedaliero dovremo girare subito alla massima velocità. Ecco, credo che le sfide che questo cambiamento ci impone saranno queste”.

In che cosa immagina che la sua gestione differirà rispetto a quella di Tiziano Moccetti?

“Sappiamo tutti che il Prof è unico, e lo è stato in questi oltre vent’anni, dall’estate del ’99, quando il Cardiocentro venne inaugurato, fino ad oggi. Unico per il modo in cui ha creato, gestito e sviluppato l’istituto. Lo scopo, quindi, per me e per tutti coloro che fanno parte della squadra, non è di emularlo, ma di consolidare quanto si è acquisito nel corso di tanti anni per proiettare il Cardiocentro nel futuro”. 

Insomma, il gioco di squadra sarà fondamentale. Giusto?

“Assolutamente sì, più di quanto lo è stato finora, e da parte mia cercherò di alimentare questo spirito, puntando su strategie e tattiche chiare e ben definite, e su obiettivi molto alti, che ci consentano di continuare a competere sul piano della cardiologia e della cardiochirurgia a livello nazionale e internazionale. Con l’obiettivo che è sempre stato alla base della filosofia del Prof: non essere secondi a nessuno”. 

E recentemente nella squadra del Cardiocentro è arrivato un innesto di altissima qualità, un vero fuoriclasse…

“Immagino si riferisca al Professor Marco Valgimigli: certo, è una figura nota a livello mondiale, un “opinion leader” nel campo delle terapie coronariche e delle terapie antiaggreganti, con una lista direi quasi spaventosa di pubblicazioni. Ha accettato di venire in Ticino oltre che per ragioni personali anche per contribuire al rilancio del Cardiocentro negli ambiti nei quali possiamo migliorare la nostra potenza di fuoco. Penso, per esempio, alla ricerca clinica e alla possibilità di affermarci come centro di riferimento e di coordinamento per una serie di studi internazionali”.

Non teme che l'inglobamento nell'Ente Ospedaliero riduca i margini di autonomia del Cardiocentro sul piano delle scelte strategiche e della ricerca?

“Guardi, io penso che i rapporti con l'Ente andranno costruiti strada facendo. D’altra parte, credo anche che l'EOC abbia interesse ad avere una struttura che sa esprimersi ai massimi livelli e che sa produrre ricerca altamente qualificata. Sicuramente l'Ente ha le sue dinamiche, che per certi aspetti sono diverse dalle nostre. Ma sono convinto che se proseguiremo con le idee chiare e sapremo mantenerci al fronte dell’attività clinica e della ricerca avrà tutto da guadagnare nel lasciarci lavorare senza eccessive limitazioni. Su questo punto sono abbastanza fiducioso, anche perché l'Ente Ospedaliero stesso in collaborazione con l’USI, sta ripensando il ruolo della ricerca clinica e promuovendo gli istituti che la sanno già praticare ad alto livello. In questo senso credo che i nostri obiettivi siano allineati. Anzi, ne sono certo”.

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