Politica
18.05.16 - 09:070
Aggiornamento: 19.06.18 - 15:43
Reddito di base, per i comunisti è no. «Il benessere va costruito dal basso, non con ricette miracolose»
Il Partito Comunista vede nell'iniziativa più punti controversi che positivi: è contraria all'aumento dell'IVA per finanziarlo, e teme «un colpo di grazia» alle assicurazioni sociali
BELLINZONA - Ci sono volute molte ore di discussione, ma alla fine il Partito Comunista ha deciso di schierarsi contro l'iniziativa per il reddito di base incondizionato.
Dato che «sostiene il diritto da parte di tutti gli esseri umani ad una soddisfazione dei bisogni allargata, in correlazione allo sviluppo progressivo delle capacità produttive della società. Va da sé che, nell'attuale fase storica, caratterizzata da un'impennata nella produttività del lavoro sociale, obiettivo primario e ineludibile di una democrazia economica dovrebbe essere quello di consentire a tutti i suoi cittadini un livello di vita ben al di sopra della pura sussistenza», il PC ha voluto pensarci a lungo. Infine, l'iniziativa è parsa troppo poco elaborata e rischia di «creare illusioni: per ridistribuire la ricchezza e impedire le misure di austerità non si possono attendere ricette miracolose calate dall’alto, ma organizzarsi dal basso nei sindacati e nei partiti e lottare sui posti di lavoro, di studio e nella società per conquistare maggiori diritti sociali».
L'RBI ha anche lati positivi, ovvero adattarsi ai cambiamenti della società, come una tendenziale automazione della produzione, la riduzione dei posti di lavoro, il passaggio a un modello familiare più fluido e l’allungamento della speranza di vita che potrebbero compromettere le assicurazioni sociali «già sotto minaccia oggi dai continui attacchi neo-liberisti», e riconosce attività non stipendiate quali quelle delle casalinghe.
Ma prevalgono gli aspetti critici, su tutti quello di «dare il colpo di grazia alle assicurazioni sociali». Un reddito di base incondzionato favorirebbe un'ulteriore individualizzazione della società, che i comunisti combattono.
Oltretutto, il finanziamento arriverebbe tramite un aumento dell'IVA, tassa che il partito desidera invece abolire. «I comunisti potrebbero accettare un'ipotesi di RBI in questa fase storica unicamente come complemento alle attuali garanzie fornite dal welfare state, aspetto che tuttavia non è affatto assicurato dall’iniziativa e che necessiterebbe peraltro di tappe intermedie, anche perché il RBI potrebbe determinare fenomeni inflattivi e un ancoraggio negativo dei salari (dumping). L’unica possibilità accettabile – e tuttavia assolutamente remota nello stato presente delle cose – per finanziare il RBI sarebbe di introdurre la “Tassa dei milionari”, cioè un’imposta patrimoniale che colpisca i multi-milionari, oppure la Tobin Tax per tassare le transazioni finanziarie: spostare in pratica il carico fiscale dal lavoro verso il capitale», prosegue la nota.
Per qualcuno, sostiene il PC, l'RBI sarebbe un modo per avvicinarsi al socialismo: «non è affatto così, poiché il capitalismo non lo si può bypassare con un RBI: occorre invece affrontarlo direttamente nella sua stessa logica, riappropriasi cioè collettivamente dei mezzi di produzione e non idealisticamente ritirarsi dalle contraddizioni dell’economia produttiva».