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17.02.17 - 21:360
Aggiornamento: 19.06.18 - 15:43

"Se il Governo non avesse seguito la politica di Marina Masoni, ora non ci sarebbero problemi finanziari. E Vitta..."

L'Unione sindacale svizzera - Ticino e Moesa attacca duramente la defiscalizzazione promossa dall'allora Ministra, e accusa Vitta di voler "proseguire coi regali alle aziende"

BELLINZONA - Le dichiarazioni di Christian Vitta, dopo la sconfitta della Riforma III nelle urne nazionali, non è piaciuta a molti. Dopo PS e Verdi, anche il Comitato cantonale dell’Unione sindacale svizzera - Ticino e Moesa (USS-Ti) ha preso posizione, andando però oltre la questione: di fatto, Marina Masoni viene additata come la principale responsabile del deficit cantonale. "È decisamente poco opportuno voler approfittare del risicato risultato ticinese per annunciare misure fiscali a livello cantonale. Il 60 per cento dei cittadini svizzeri ha rifiutato la logica di defiscalizzazione delle imprese a spese della collettività. Insistere con la ricetta della concorrenza fiscale al ribasso significa ignorare che questo meccanismo ha portato tutti i Cantoni che l’hanno praticato a dover tagliare i servizi ai cittadini. Il federalismo fiscale usato per concedere sgravi alle imprese non produce benessere per la popolazione e non attira aziende di qualità". Poi, un po' di storia: la defiscalizzazione viene sperimentata dal nostro Cantone negli anni '90, in particolare "Marina Masoni promosse molte riforme della legge tributaria e una serie di pacchetti fiscali per ridurre le aliquote sul capitale delle aziende e la diminuzione dell'imposta sugli utili". Misure che USS giudica in modo severo: "hanno comportato importanti riduzioni delle entrate fiscali del Cantone e dei Comuni. Gli sgravi fiscali decisi dal 1997 al 2005 hanno provocato una minore entrata annua per il Cantone di 207 milioni. Si sono così svuotate le casse per poi andare a giustificare tagli a scapito della popolazione". Addirittura, "il disavanzo del Cantone in quegli anni si aggirava sui 200 milioni all’anno, se il Governo non avesse condotto questa politica, non ci sarebbero stati problemi finanziari". Ed "ora, nonostante il naufragio della Riforma III, il Consiglio di Stato vorrebbe proseguire sulla strada dei regali fiscali alle aziende". Politiche che "non portano nulla ai Ticinesi e non servono per migliorare le condizioni di vita in questo Cantone. Dove il salario mediano è il peggiore della Svizzera, inferiore di 1000 franchi alla media, dove aumentano le persone che necessitano l’assistenza sociale, passate da 6’000 a 8'000 in soli due anni e dove il rischio di povertà tocca direttamente un Ticinese su quattro. Senza dimenticare quella fetta di classe padronale e politica che considera eccessivo firmare contratti di 3600 franchi lordi. È assolutamente necessario invertire la rotta e darsi i mezzi per combattere la povertà dilagante, i bassi salari e il precariato. Il Governo vada a prendere le risorse da chi ha molto e la smetta di impoverire la società e togliere a chi ha già poco".
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