di Andrea Gehri*
Populisticamente nobile nelle intenzioni: “Sgravare i salari, tassare equamente il capitale”, devastante, però, nei suoi effetti.
L’“Iniziativa 99%” di Gioventù socialista, su cui si voterà il 26 settembre, si configura come un esproprio proletario su scala nazionale. Che non toccherebbe soltanto quell’1% dei cosiddetti “super ricchi” (di cui peraltro il Paese non può fare a meno, poiché pagando da soli quasi un quarto del totale delle imposte sul reddito, assicurano alla Confederazione ingenti entrate fiscale), ripercuotendosi, invece, con gravi danni su tutta l’economia e la società.
Tassare al 150%, anziché al normale 100%, i redditi da capitale al di sopra una certa soglia – genericamente indicata dagli iniziativisti a 100mila franchi – aggiungendo in pratica un reddito fittizio a quello reale, significa sovvertire i principi costituzionali del sistema fiscale.
Con una sovratassazione che colpisce direttamente le piccole e medie imprese, in particolare le aziende familiari, le start-up, i proprietari di case, gli agricoltori e persino i piccoli investitori.
Se per le PMI la sovraimposizione del 150% si tradurrebbe in un indebolimento del loro capitale e, quindi, della loro capacità d’investimento e d’innovazione, per le aziende familiari ci sarebbe un costo aggiuntivo molto oneroso che, oltre a privarle d’importanti risorse, renderebbe ancora più difficile e costosa la successione aziendale. Dovendo pagare le imposte anche su un aumento di valore fittizio, la successione costerà infatti di più e chi vorrà subentrare nella proprietà sarà probabilmente costretto ad indebitarsi.
Nel nostro Paese l’80% delle imprese è a conduzione famigliare e ogni anno si registrano 3’400 successioni aziendali, invece di facilitare questo delicato passaggio, l’iniziativa lo rende più complicato e caro. Analoghe le difficoltà per la successione delle aziende agricole ai giovani contadini. Che si voglia vendere un’impresa o una fattoria, con la nuova tassazione il prezzo aumenterà notevolmente, scoraggiandone così l’acquisto o gravandolo di debiti che potrebbero poi portare al fallimento.
Più problematico anche il futuro della start-up. Generalmente i loro fondatori per mancanza di liquidità si accontentano all’inizio di stipendi modesti e, nella maggior parte dei casi, vedono ricompensato questo sacrificio nel momento in cui vendono le loro azioni o i diritti di partecipazione ad un’impresa più grande. Vendita che però verrebbe pesantemente tassata qualora venisse approvata l’iniziativa socialista. Il che vuol dire disincentivare la creazione di start-up e castrare nuovi impulsi all’innovazione. Anche gli investitori privati, fondamentali per l’avvio di una start-up, sarebbero sottoposti ad un maggiore carico fiscale che potrebbe dissuaderli dall’investimento.
Neppure chi vende una casa sarebbe risparmiato dall’iniziativa “99%” che di fatto introduce una imposta federale sugli utili immobiliari che va ad aggiungersi a quella cantonale.
Stessa sorte per i piccoli risparmiatori, ossia gran parte della popolazione, che investono in Borsa. Qualora ricavassero degli utili sul capitale, oggi esentasse, domani potrebbero essere tassati, mentre se, a causa della riconosciuta volatilità della borsa l’anno successivo dovessero contrarre perdite sul medesimo capitale, si ritroverebbero con una doppia beffa. Tassati e perdenti!
Ci sono, dunque, mille ragioni per bocciare un’iniziativa che penalizza l’economia, i piccoli imprenditori e il ceto medio. Un “unicum svizzero” che terrebbe lontani dal nostro Paese imprese estere e facoltosi contribuenti stranieri. Col rischio di vedere anche andare via molti quelli che avevano già scelto di vivere e lavorare in Svizzera.
*imprenditore