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13.08.15 - 22:500
Aggiornamento: 21.06.18 - 14:17
"Fiöö dal Nello", il Piora e l'appuntamento mancato
Incontro con l'attore ticinese Teco Celio, «non ho firmato l'appello per Polanski, ma l'avrei fatto»
LOCARNO - È una persona simpaticissima, alla mano. L'incontro con Teco Celio - che alla sera sarebbe stato insignito del premio Cinema Ticino in Piazza Grande - è all'Hotel du Lac, tutta la terrazza è riservata a noi. È appena arrivato a Locarno. Prima dell'intervista gli consegno una copia di
TicinoLibero Paper, mostrandogli l'articolo su di lui, di fianco a quello su Andy Garcia. Legge con attenzione, alla fine sorride, un po' imbarazzato, un po' lusingato. Iniziamo l'intervista, e mentre io accendo il registratore lui si accende una sigaretta. Fuma come se quella sigaretta la volesse divorare.
Teco Celio, lei ha deciso che voleva diventare un attore già da piccolissimo… .«Ero in prima elementare, e le scuole avevano organizzato un mercoledì pomeriggio al cinema, proiettavano un film di Stanlio e Ollio che facevano i traslocatori di un pianoforte. Sono rimasto nel cinema a vederlo per tre volte! Tornato a casa ho detto che sapevo che mestiere avrei voluto far da grande, l’attore che fa ridere. Un desiderio che avevo ancora a 8 anni, a 14… e poi a 18 ti mandano dallo psichiatra. Mio padre credo abbia visto due film in vita sua, non capiva un tubo di cinema. A scuola ero una catastrofe, non mi interessava niente. Con mio padre ho fatto un accordo: “fai pure questa scuola di attore, ma prima impara un mestiere serio”, mi diceva. Ho fatto uno stage all'Agenzia telegrafica svizzera, ma ero un pessimo giornalista, il peggiore. La fortuna è stata che dopo la scuola di teatro ho sempre lavorato, sono rimasto in Francia, e ho sposato una francese».
Lei i suoi primi passi li ha mossi in Francia, anche per staccarsi da un padre “scomodo” (Nello Celio, consigliere federale dal 1966 al '73).«Certo, almeno in Francia nessuno mi riconosceva, non ero ovunque il “fiöö dal Nello”».
Anche il figlio di Moritz Leuenberger fa l’attore. Fare l’attore è una propensione dei figli dei consiglieri federali?«Non solo! Anche la figlia di Kurt Furgler fa l’attrice, così come il figlio di Hans Hürlimann scrive di cinema. E anche la figlia di René Felber, che purtroppo è deceduta. Forse in fondo è lo stesso mestiere, la politica è un po’ una recita drammaturgica. Ci deve essere qualcosa che dobbiamo scoprire… ».
Lei ha lavorato con grandi registi, qual è quello che le ha lasciato il segno?«Tutti i grandi registi hanno una loro particolarità. L’umanità di Bertolucci, il rigore “incazzato come una bestia” di Francesco Rosi, la pazzia della precisione di Nanni Moretti, ma il più impressionante nel creare una scena dal nulla – e questo secondo me è il lavoro di un grande regista – è Kieślowski. Mi ricordo di una scena, che dovevo fare con Irène Jacob, al bancone di un bar. Fra un grappino, un caffè e una sigaretta Kieślowski non era convinto. Allora ha fatto portare due figuranti ubriachi fra Irène e me, tanto che in quella scena per poterci parlare dovevamo spostarci, come se ci fosse un ostacolo fra di noi. E la scena è diventata bellissima. Kieślowski in questo era un grande. In comune i grandi registi hanno tutti il fatto di essere molto esigenti, e quando ti scelgono senti che non puoi deluderli».
In Francia, quanto in Italia, la conoscono per i personaggi che ha interpretato in film e serie tv. Come vive la celebrità?«Di recente ero a Torino per delle riprese, e visto il buon successo di “1992” sembrava quasi fossi un calciatore! È sempre gradevole quando la gente ti riconosce, perché non ti fermano per insultarti, ma per farti un complimento. A me fanno quasi pena quegli attori che non sopportano fotografi, giornalisti, fan, … se non vuoi farti riconoscere fai l’agente segreto, non fare l’attore!».
Che significato ha per lei il premio Cinema Ticino?«Sono molto lusingato e felice, soprattutto perché il Ticino è una sorta di oasi dove quasi nessuno mi conosce. Sono conosciuto in Francia, in Italia, in Romandia, anche in Svizzera tedesca, mentre in Ticino sono un perfetto sconosciuto».
Nessuno è profeta in patria, vien da dire…«Non sono un profeta nemmeno altrove [ride]».
Dalla sua Leventina viene anche un’altra attrice, Carla Juri.«Purtroppo non la conosco. Forse dalle Alpi nascono le sorgenti e i bravi attori, non c’è solo il Piora in Leventina».
L’anno scorso a Locarno le polemiche su Polanski. Lei figura fra l’elenco di artisti che avevano sottoscritto un appello per la sua liberazione, quando era stato arrestato a Zurigo.«Purtroppo non è vero, non ho mai firmato questo appello. Ma avrei firmato volentieri. Sulla polemica dello scorso anno mi chiedo se sia stata fatta per interessi elettorali. Non vedo perché andare a scavare in questo episodio di quarant’anni fa, con la ragazza che ha affermato di essere stata consenziente. Mi è sembrata una polemica fuori luogo, peccato. Mi è dispiaciuto perché ne è uscita un’immagine di un Ticino un po’ “bigottone”. Anche Charlie Chaplin era andato con una minorenne, che poi ha sposato. Polanski è uno dei più grandi registi viventi, l’ho trovato triste per il Festival, è stato mancato un appuntamento con i grandi».
magi