BERNA - Giusto fare la propria parte, ma senza pensare che la sola Svizzera debba salvare il mondo. E in caso di vittoria delle forze rossoverdi alle elezioni, ci sono da attendersi altre misure. Fabio Regazzi parla delle ecotasse, su cui l'UDC parla già di referendum.
Fabio Regazzi, le ecotasse di cui si parla in queste settimane a Berna stanno facendo discutere, tanto che l’UDC minaccia referendum se entreranno in vigore in misura troppo pesanti. Lei che oltre ad essere consigliere nazionale è anche presidente dell’Associazione industrie ticinesi che ne pensa?
“Faccio una premessa: dopo che in prima battuta, grazie al solito gioco dei veti incrociati, PS e Verdi da un lato e UDC dall’altro avevano affossato al Consiglio nazionale la revisione della legge sul CO2, la stessa è approdata al Consiglio degli Stati che nel corso dell’ultima sessione ha elaborato una versione decisamente più incisiva rispetto a quella proposta dal Consiglio federale. Non nascondo che il progetto di legge che ne è scaturito mi lascia perplesso, anche se è stato probabilmente condizionato dal clima di campagna elettorale che deve avere contagiato parecchi senatori, soprattutto dell’area borghese”.
Ma sull’allarme clima e sulle misure di riduzione delle emissioni nocive, in particolare del CO2, lei che opinione ha?
“La questione è decisamente complessa e controversa. Personalmente ritengo che atteggiamenti estremi come la negazione dei cambiamenti climatici e l’isteria che è nata attorno ai medesimi siano fuori luogo. Io credo che, con un minimo di onestà intellettuale, dobbiamo riconoscere che un cambiamento a livello del clima non possa essere negato e che lo stesso sia in buona parte imputabile alle attività umane. Le preoccupazioni della popolazione, e non solo dei giovani, sono quindi legittime e la situazione ci impone di affrontare seriamente questo tema cruciale per il futuro del nostro pianeta”.
Quindi che fare?
“Bisogna anzitutto considerare che siamo di fronte a un problema globale, che richiede quindi risposte globali. Basti infatti pensare che le emissioni di CO2 emesse dalla Svizzera, rappresentano lo 0,1% (cioè 1 millesimo) di quelle di tutti i Paesi del mondo (mentre la Cina da sola incide per il 25%!). Detto in altri termini, anche nell’ipotesi in cui da domani riuscissimo ad azzerare le emissioni di CO2 nel nostro Paese, l’impatto complessivo sarebbe praticamente nullo e quindi impercettibile. Questo dato di fatto non deve tuttavia diventare un pretesto per non fare nulla, anzi! Giusto dunque che anche la Svizzera dia il proprio contributo e sia anche da esempio per gli altri Paesi, ma senza la pretesa di voler salvare da sola il pianeta, come invece molti vorrebbero far credere”.
Ma non ritiene che queste ecotasse abbiamo il peccato capitale di essere antisociali?
“Certo, al di là dei grandi proclami, alla fine con queste misure fatte di un mix di divieti e restrizioni da un lato e da tasse e balzelli dall’altro ad essere chiamati alla cassa saranno soprattutto il ceto-medio (e in particolare chi vive nelle zone periferiche come il Ticino) e ovviamente anche le aziende”.
In questi giorni ognuno fa i suoi calcoli sull’incidenza delle future possibili misure. Li ha fatti anche lei?
“Naturalmente. Prendendo solo tre dei provvedimenti decisi dagli Stati. Innanzitutto l’aumento del prezzo della benzina di 12 centesimi al litro a partire dal 2025 comporterà un incremento di costi annuo di circa 200-250 franchi all’anno per un auto che percorre 20-25'000 chilometri all’anno; l’aumento pure previsto con la tassa sulla nafta da riscaldamento verrebbe a costare fino a 54 centesimi al litro più di oggi, che per un appartamento di 100 metri quadrati equivale a maggiori costi di riscaldamento di oltre 1'000 franchi all’anno; non da ultimo la prospettata tassa sui biglietti aerei da 30 a 120 franchi per una famiglia di 4 persone che ad esempio vola a Londra,comporterebbe un supplemento di spesa compreso fra 200 e 400 franchi. E questi nuovi oneri sono solo una parte di quelli che ricadrebbero sulla popolazione, senza contare che a seguire ne arriveranno altri”.
Lei sembra lasciare intendere che dobbiamo attenderci ulteriori misure…
"È quello che temo. Non bisogna possedere particolari doti divinatorie per immaginare che qualora, come lascerebbero intendere i sondaggi, alle prossime elezioni federali il fronte rosso-verde uscirà rafforzato, vi sarà un’offensiva per mettere ulteriormente le mani nelle tasche di cittadini e imprese agitando lo spauracchio della catastrofe ambientale. Emblematica in tal senso la recente proposta del capo-gruppo PS al Consiglio nazionale Roger Nordmann che ha lanciato la proposta di fissare un contingente di biglietti aerei per abitante. Roba da economia pianificata e questo è solo un assaggio di cosa ci aspetta…"
E allora che fare?
“Personalmente sono convinto che sia giusto pretendere che la Svizzera faccia la sua parte e che cittadini e aziende debbano assumersi degli oneri ma a due precise condizioni: la prima è che vi sia una strategia condivisa almeno a livello europeo, mentre la seconda è che tali oneri siano ragionevoli e sostenibili per l’economia, in particolare per l’industria d’esportazione già in difficoltà per il franco forte e soprattutto per il ceto medio, che risulta la categoria in assoluto più tartassata. Per affrontare questa sfida epocale ci vuole sì coraggio e lungimiranza, ma anche un sano realismo, buon senso e ragionevolezza se vogliamo creare un ampio consenso nella popolazione ed evitare che questo difficile esercizio si trasformi in un boomerang come successo in Francia con i gilet jaunes”.