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Tribuna Libera
09.05.20 - 16:000

Morisoli: "Ciò che si vede e ciò che non si vede"

Il presidente onorario di AreaLiberale analizza quanto sta succedendo a causa del Covid a livello economico e di aiuti: "Cosa vogliamo per il futuro del Ticino? Il virus ha solo anticipato la domanda"

di Sergio Morisoli*

Sto seguendo con attenzione l'evolversi della situazione. Per ora tra indennità di disoccupazione parziale, crediti alle aziende, fidejussioni, indennità a indipendenti giriamo
attorno ai 1500 mio (1,5 mia) distribuiti in Ticino. Mancano tutti i milioni del Cantone che partiti, Governo e gruppi di lavoro stanno preparando per il "rilancio": potrebbero essere alcune centinaia di milioni. La Confederazione si appresta a varare un piano nazionale di 57 miliardi. Una tempesta di soldi, che se non mirati e limitati non darà da bere all'economia ticinese ma l'affogherà. Stiamo a vedere, non mi sono ancora fatto un'idea precisa. 

Per il momento non ho ancora capito a chi gioca a fare Hoover e chi gioca a fare Roosevelt. Rispettivamente il 31. e il 32 Presidente degli USA dal 1929 al 1945. Registi di una sciagura economica, la grande Depressione (doveva durare 2 anni è durata 11), e incapaci di evitare la 2. guerra mondiale. Grazie al loro interventismo tanto illimitato quanto inefficace; hanno poi tracciato purtroppo una via irreversibile, anche con il nome sexy di New Deal, che i Governi di mezzo mondo hanno imitato e continuano ancora oggi a seguire. 

Speriamo che, almeno da noi, a nessuno venga la tentazione di imitarli, nemmeno in miniatura! Nelle crisi occorre anche il coraggio di dire NO, quando le invenzioni di misure sussidiate e a pioggia sembrano un’asta pubblica messa in piedi dai politici coi soldi degli altri. A pagare saranno sempre gli stessi. Le casse cantonali avranno probabilmente già un deficit quest’anno e l’anno prossimo tra i 150 e i 200 mio, se la Confederazione dovesse poi trattenersi anche gli utili della BNS, come paventato-ipotizzato, per i prossimi 25 anni, perderemmo in Ticino altri 870 milioni, milioni da farsi prestare e poi ammortizzare alle banche.

In Ticino abbiamo già oltre 2 miliardi di debiti, ma soprattutto è a rischio la responsabilità intergenerazionale. Di questi 2 miliardi, oltre 500 milioni dovrà restituirli a partire dal 2038 (!), senza saperlo, la generazione che nasce quest’anno! Se gli accolliamo anche la voragine di aiuti o presunti aiuti Covid, oltre la ripresa economica andremo a penalizzare quella generazione che è precaria, smarrita sul mercato del lavoro, che farà moltissima fatica a prevedere e programmare il suo futuro, che dovrà vivere di nomadismo esistenziale e lavorativo, e sulla quale peserà anche l’onere di garantire l’AVS e la pensione a tutti noi che li carichiamo di questi debiti. I tassi di interesse bassi del momento non sono una buona scusa per i debiti da restituire fra 15-20 anni; soprattutto perché non saranno come gli ultimi 15-20 anni.
Per queste e altre ragioni non solo di ordine finanziario ma di sana economia, è importante porre alcune regole del gioco prima di iniziare a spendere. La prima condizione affinché il lavoro di rilancio sia davvero tale e non un esercizio sommatorio di provvedimenti aleatori, è che si abbia il coraggio di: “cambiare ciò che si può, ma di mantenere ciò che non si deve
cambiare”. 

Questa selezione, è un esercizio molto difficile, ma implica essere bene in chiaro su cosa vorremo per il futuro del Ticino. Questa domanda entra in scena prima del previsto, e forse in modo brutale, attraverso il Covid 19; ma da tempo era nell’aria indipendentemente dalla pandemia. In quest’ordine di ragionamento, oltra a dire cosa e come il rilancio deve essere strutturato, dobbiamo fermamente dire, e questa è la seconda condizione, quali sono i 5 check points che il programma di rilancio non deve assolutamente dimenticare. 

Primo. Che la selezione economica del mercato non deve essere interrotta con misure anestetiche, di accanimento terapeutico e addirittura contro produttive al rilancio; evitiamo di tenere in vita attività decotte e ditte stracotte, e di premiare gli incapaci.

Secondo. Che la rete sociale svizzera sui 3 livelli istituzionali, va usata correttamente e difesa da stravolgimenti e invenzioni ridondanti o diversive. Idee quale il reddito di residenza o affini sarebbero anche in forme minori deleteri per preservare un sano humus sociale fatto di diritti e doveri, responsabilità e libertà. 

Terzo. Che gli aiuti finanziari/sussidi/investimenti devono essere devoluti alla trasformazione
strutturale e non sprecati per motivi congiunturali o di distribuzione a pioggia. 

Quarto. Che l’equilibrio finanziario va tenuto sotto controllo, i debiti di oggi sono le imposte di domani (peso sulla prossima generazione e peso sulle aziende). 

Quinto. Che i progetti e le iniziative vanno promossi ma selezionati, quelli giusti, corretti, utili e necessari per rilanciare il Ticino; non quelli perché c’è il Coronavirus.

Per finire teniamo sempre a mente l’insegnamento dell’economista Frédéric Bastiat (1801-1850): quando si interviene in economia occorre tener conto di ciò che si vede, ma soprattutto di ciò che non si vede.

*presidente onorario di AreaLiberale

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