di Lorenzo Quadri*
A quattro anni e mezzo dalla votazione popolare sul tema, che ha visto vincere i sì con il 54% dei consensi, e dopo un profluvio di discussioni, dibattiti, interventi e teatrini assortiti, il Gran Consiglio ha a maggioranza approvato l’introduzione del salario minimo.
Fermo restando che la volontà popolare va applicata, questa decisione è monca. È monca perché senza la preferenza indigena il salario minimo rischia di trasformarsi in un autogoal. Ovvero, in un regalo ai frontalieri – ed infatti la stampa d’oltreconfine sta già esultando - ed in una forma di dumping di Stato sui salari dei ticinesi che sono di poco superiori al minimo. E’ facile prevedere che queste paghe si troveranno esposte ad una pressione al ribasso.
Se si vuole creare equità non si può fingere di ignorare che i 3000 Fr al mese o poco più del salario minimo in Ticino sono una paga “da fame”, mentre appena al di là della frontiera la musica cambia. Specie per un’economia domestica – e ce ne sono tante – composta da due frontalieri! Sarebbe quindi stato necessario introdurre dei meccanismi compensatori per considerare l’importante differenza del costo della vita tra il Ticino e le province italiane limitrofe.
Adesso però che il salario minimo è stato votato dal Gran Consiglio, occorre provvedere con urgenza al suo necessario “pendant”: ovvero l’introduzione della preferenza indigena. La libera circolazione delle persone permette l’assunzione selvaggia di frontalieri. In queste condizioni, sul nostro mercato del lavoro la sostituzione di residenti con frontalieri pagati meno continuerà indisturbata.
Non sarà certo il salario minimo di 3000 Fr al mese a cambiare le cose. Invece del ticinese a 4000 Fr, si assumerà il frontaliere a 3000. Magari – specie se chi assume è anch’esso cittadino della Penisola, dove il lavoro nero non è reato ma è elevato a sistema – lo assumerà al 50%, quindi a 1500 Fr al mese, con però carico lavorativo reale del 100%. Si attende di vedere quanti contratti di lavoro di frontalieri a seguito dell’introduzione del salario minimo “misteriosamente” scenderanno di percentuale, senza evidentemente alcun cambiamento nel carico di lavoro.
Intanto i ticinesi che già hanno stipendi bassi (di poco superiori al salario minimo) come detto rischiano di guadagnare ancora meno.
I nodi giungeranno ben presto al pettine. A maggio si voterà sull’iniziativa per disdire la devastante libera circolazione delle persone. Aspettiamo al varco i fautori del salario minimo.
Se il loro obiettivo è quello di migliorare le condizioni dei lavoratori ticinesi, sosterranno la fine della libera circolazione. Se essa salterà, il salario minimo per i ticinesi potrà anche essere aumentato, affinché esso permetta davvero di vivere dignitosamente in questo sfigatissimo Cantone. È ovvio che la Lega si batterà in questo senso.
Se invece – ed il Mago Otelma prevede che andrà a finire proprio i così – i compagni rossoverdi fautori del salario minimo continueranno a sostenere la devastante libera circolazione delle persone, vuol dire che costoro volevano semplicemente fare un regalo ai frontalieri e discriminare i ticinesi perché… “bisogna aprirsi”! “Ticinesi e frontalieri devono essere uguali”!
Peccato che il costo della vita al di qua ed al di là della ramina non sia uguale, ma proprio per niente!
Noi, come i cinesi, attendiamo seduti in riva al fiume. Non dovremo neppure aspettare a lungo. Come diceva qualcuno: “Ul bel vedé…”.
*Consigliere nazionale, Lega dei Ticinesi