di Rupen Nacaroglu*
Soddisfazione e sollievo per la notizia delle riaperture dei commerci a partire dal 1° marzo, un punto di ripartenza, ci auguriamo tutti definitivo, per un settore che deve tornare a operare permettendo a moltissime aziende di salvarsi e alle loro famiglie di vedere la luce in fondo al tunnel.
Sono però dall'altra parte molto preoccupato per la ristorazione, per tutti gli esercizi che non potranno tornare in attività, nemmeno con le dovute misure di sicurezza. D'altra parte, va sottolineato, senza esercizi aperti si frena il turismo e si frena la vita sociale di cui i centri cittadini e i loro commerci necessitano.
Ma soprattutto, ed è l'aspetto fino ad ora meno esplicitato, oltre agli esercizi si mette in enorme difficoltà tutta la filiera del settore, i fornitori, tantissimi, di bevande, di materie prime alimentari, dai fruttivendoli ai macellai e alle aziende vitivinicole solo per citarne alcuni. Sono aziende del territorio, tante a conduzione famigliare, altre con molti dipendenti che rischiano realmente di dover chiudere. Sono aziende senza sbocchi, da mesi, e chissà per quanto tempo ancora e che oggi non rientrano, per la grande maggioranza, nei parametri degli aiuti.
L'allungamento, praticamente sine die, delle chiusure per la ristorazione è davvero troppo penalizzante soprattutto alla luce della totale assenza di una strategia alternativa, basata sui tamponi e i test rapidi, cosiddetti "lasciapassare", economici, semplici, che potrebbero essere la via d'uscita concreta e puntuale da questa terribile crisi e che i vaccini, ovviamente, per ora non riescono a rappresentare.
In questa settimana di consultazioni sono questi gli argomenti da mettere sul tavolo del Consiglio federale, con forza e determinazione e con la convinzione che alla luce della mancata modifica dei paletti di accesso agli aiuti promessi e con una prospettiva di chiusure prolungate il rischio di default per l'intero settore è davvero concreto
*Consigliere comunale PLR e Presidente Società Commercianti di Lugano