di Piero Marchesi*
Un 2017 piuttosto in crescita per il turismo aveva portato i vari attori a pensare di aver trovato la chiave di volta nel rilancio del settore cantonale - anche se a parte qualche lodevole iniziativa di promozione, ben poco era stato implementato - i dati del 2018 sono invece una doccia fredda, gelida.
I pernottamenti sono scesi del 7,3% quando nel resto della Svizzera hanno registrato un aumento del 3,8%. La differenza è grave e preoccupante.
L’effetto AlpTransit è già svanito e nuove idee per invertire la rotta se ne vedono poche, inoltre il Ticino sembrerebbe anche meno apprezzato dai turisti d’oltralpe. Il turismo va male e di idee innovative se ne vedono poche soprattutto da chi opera nel settore, la promozione turistica del Cantone è troppo frazionata e poco coordinata tra le varie regioni.
Molti sono gli eventi e manifestazioni nel periodo estivo che si sovrappongono, pochi nel resto dell’anno. Il turismo ticinese non può vivere a duecento all’ora tra giugno e agosto e poi andare a passo d’uomo gli altri nove mesi dell’anno. La stagione estiva per il turismo è eccezionale perché offre eventi di prim’ordine che neppure molte città europee sanno offrire.
Se il turismo nel resto della Svizzera è in crescita vuol dire che i margini per migliorare nelle stagioni fredde ci sono pure da noi, bisogna però avere delle idee.
C’è poi un fattore molto negativo che condiziona il settore, il traffico. Conosco diversi confederati che da qualche anno evitano il Ticino perché, seppur la ritengano una regione bellissima, è oramai invivibile per quanto riguarda la mobilità. Un turista che intendesse soggiornare a Lugano e girare il Ticino - ad esempio andando a fare il bagno in Valle Verzasca, a cena in un grotto della Val Colla e il giorno dopo salire sul Monte Lema - difficilmente potrebbe spostarsi solo con il mezzo pubblico. Il nostro territorio molto frazionato richiede l’impiego anche dell’automobile e il problema della mobilità esce in tutta la sua ampiezza. Un viaggio andata e ritorno da Lugano a Sonogno potrebbe richiedere negli orari più critici più di due ore e mezza d’auto. Finché non risolveremo, o quantomeno mitigheremo le condizioni della mobilità nel Cantone, anche il turismo avrà un ostacolo in più da superare.
Da assiduo frequentatore di ristoranti nel Cantone mi accorgo inoltre che l’accoglienza e la fidelizzazione del cliente sono aspetti da migliorare. Lungi da me dal voler generalizzare, ma nei ristoranti di media e alta gamma la qualità delle prestazioni è generalmente buona, nei posti più popolari – anche se non necessariamente più a buon mercato – c’è parecchio da lavorare. In parte ciò dimostra che le condizioni ticinesi per ottenere il diploma d’esercente non garantiscono necessariamente una qualità maggiore dei Cantoni che non ce l’hanno. Forse un ripensamento andrebbe fatto eliminano o quantomeno limitando questi vincoli.
Poi infine basterebbe un approccio diverso soprattutto da alcuni rappresentanti di categoria che preferiscono piangersi addosso piuttosto che rimboccarsi le maniche e lavorare. Le mie sono certamente considerazioni di un non addetto ai lavori, ma anche di un cliente abituale che visita regolarmente altri Cantoni, oltre che l’estero, e che afferma “forza, indietro le maniche e al lavoro!”.
*Candidato UDC Consiglio di Stato e Gran Consiglio