Politica
21.06.16 - 17:420
Aggiornamento: 19.06.18 - 15:43
IL CCL è stato firmato. UNIA si distanzia, «scandaloso»
L'opera di intermediazione del Governo termina qui. UNIA è contraria, ritiene non sufficienti i salari, troppo lunga la settimana. «Un primo e decisivo passo»
BELLINZONA - È fatta: il CCL per il settore vendita, condizione sine qua non per far entrare in vigore la legge sull'apertura dei negozi, è stato firmato. Hanno aderito OCST, Società Impiegati di Commercio (SIC Ticino), Sindacati Indipendenti Ticinesi (SIT), Federcommercio e DISTI Distributori ticinesi. L'opera di intermediazione del DFE di Vitta, che comunica la notizia, termina qui, ora saranno le varie parti sociali a dover raccogliere le adesioni per poi chiedere al Consiglio di Stato l''obbligatorietà del contratto.
Il documento firmato prevede per i datori di lavoro l'impegno a formare gli apprendisti e cercare di reinserire i disoccupati, ed entrerà in vigore in prossimo 1° gennaio. La settimana lavorativa sarà di 42 ore, con un massimo di 45, per chi lavora più del 50% le giornate non possono superare le 12 ore, comprese straordinari e pause. I turni per chi effettua percentuali ridotti in linea di massima non può essere spezzato. Ogni collaboratore deve conoscere i piani di lavoro con due settimane di anticipo. Se si lavora alla domenica, si ha diritto a una retribuzione maggiorata del 50% per quei giorni.
UNIA per contro ha deciso di non firmare il CCL, reo di «istituzionalizzare il dumping salariale».
«I minimi salariali previsti (3’100 franchi mensili per il personale non qualificato) sono infatti di gran lunga inferiori a quelli prescritti da altri importanti CCL del ramo (Migros 3'750, Coop 3'900, shop delle stazioni di servizio 3'600) e del settore (parrucchieri 3'400, ristorazione-alberghiero 3'407) e si situano addirittura al di sotto del fabbisogno vitale minimo considerato dalla legislazione sull'AVS e sull'aiuto sociale. Con un CCL di questo tipo si legalizza il dumping, si alimenta il processo di esclusione della popolazione residente dal mercato del lavoro e si sdogana l'idea che in Ticino uno stipendio di 3'100 franchi lordi al mese in fondo è adeguato, il che rappresenta una minaccia anche per i salariati di altri rami e settori professionali», scrive il sindacato.
«La necessità di meglio conciliare professione e vita famigliare e privata, molto sentita dal personale della vendita, non viene minimamente presa in considerazione dal CCL: la settimana lavorativa (42 ore in media all'anno) rimane più lunga che in altri rami e inoltre le norme protettive contro la frammentazione dell'orario di lavoro sono totalmente insufficienti ed i pochi limiti imposti (come quello della giornata di 12 ore -sulle 13 di apertura dei negozi...- per le persone impiegate almeno al 50 per cento) sono derogabili con un semplice accordo scritto, e in linea generale il CCL non contiene alcun miglioramento e si limita a riprendere le norme minime della legislazione sul lavoro: 14 settimane di congedo maternità e 4 di ferie (con eccezioni solo per gli ultracinquantenni e per quelli con più di 20 anni di servizio). Particolarmente scandaloso è poi il meccanismo di finanziamento della commissione di controllo, cui spetterebbe il compito di vigilare sull'applicazione corretta del CCL: alla cassa vengono chiamati praticamente solo i lavoratori con un contributo di 60 franchi annui a testa, mentre i datori di lavoro se la cavano con 50 franchi all'anno indipendentemente dal numero di dipendenti. Un dato che testimonia la totale assenza di volontà da parte padronale di costituire una vera comunità contrattuale e di dotarsi dei mezzi sufficienti per garantire il rispetto del contratto».
«Dunque, secondo UNIA non è ciò di cui i lavoratori hanno bisogno. «Le delegate e i delegati del sindacato UNIA stigmatizzano infine l'attitudine dell'autorità cantonale, che ha chiamato al tavolo negoziale sindacati non rappresentativi della realtà del commercio al dettaglio come SIT e SIC ed ha adottato una metodologia di lavoro che non ha consentito una consultazione della base durante le trattative ma solo a CCL ultimato. Un CCL dai contenuti preconfezionati dalle forze padronali d'intesa con i sindacati a loro vicini al solo scopo di consentire l’entrata in vigore della legge che estende gli orari di apertura. Di fronte a questa situazione e dopo aver comunque tentato di convincere il padronato e i sindacati ad esso vicini della necessità di un CCL degno di questo nome, UNIA prende atto di trovarsi di fronte a una finzione, a una stucchevole parodia della concertazione. Di qui la decisione di tirarsi fuori e di proseguire con ancora più determinazione il lavoro al fianco del personale in difesa dei suoi diritti e della sua dignità».
«Il precariato e l’esasperata frammentazione dei tempi di lavoro che hanno caratterizzato in questi ultimi anni un importante settore economico come quello della vendita (oltre 12'000 addetti), non poteva più rimandare nel tempo la concertazione di una solida piattaforma contrattuale», scrive invece OCST. Concorda che «i salari minimi contrattuali non traducono in modo soddisfacente i bisogni del personale di vendita. Solo la grande distribuzione è in grado di offrire dei salari minimi di 4'000 CHF per 13 mensilità», ma «la situazione contingente rende però impraticabile l’effettivo rispetto di questi salari per i piccoli negozi. Si è trattato quindi di tutelare in particolare i diritti e le condizioni di lavoro della fascia più a rischio».
«La parola passa quindi alla neo costituita comunità contrattuale che dovrà nei prossimi mesi costituire una Commissione paritetica cantonale ed avviare la pratica di obbligatorietà cantonale al contratto. Solo allora si determinerà l’entrata in vigore della nuova Legge sulle aperture dei negozi voluta dal Parlamento ticinese e approvata dal popolo con voto referendario.
OCST, che ha di fatto provocato questa dinamica di concertazione atipica con l’emendamento presentato dai deputati OCST, saluta con soddisfazione il raggiungimento di questo iniziale traguardo. La firma di oggi rappresenta dunque un primo e decisivo passo nella giusta direzione», si conclude il comunicato.