Tribuna Libera
08.08.16 - 14:150
Aggiornamento: 19.06.18 - 15:43
Teleriscaldamento, finiremo come la Svezia?
di Claudia Crivelli Barella, I Verdi
Teleriscaldamento tramite l’inceneritore di Giubiasco e importazione di rifiuti: quali garanzie abbiamo di non fare la fine della Svezia?
Si susseguono regolarmente sui media ticinesi gli annunci dell’allacciamento di nuovi utenti all’impianto di teleriscaldamento che sfrutta parzialmente il calore residuo prodotto dall’inceneritore di rifiuti di Giubiasco. L’annuncio più recente è quello riguardante l’allacciamento dell’Ospedale San Giovanni di Bellinzona. Negli ultimi mesi sono state molteplici le grandi ditte private (vedi Migros) o edifici pubblici (vedi Centro Manutenzione di Camorino) e serre agricole che si sono già allacciate o che intendono allacciarsi all’impianto di teleriscaldamento gestito dalla TERIS SA.
Una notizia pubblicata circa un anno fa sui media, con particolare risalto sulla Neue Zürcher Zeitung mette però in guardia sul pericolo di una possibile dipendenza a medio – lungo termine di una simile strategia. La citata notizia dell’NZZ del 8 luglio 2015 (vedi allegato) informa sulla assurda situazione che è venuta a crearsi in Svezia. Paese che in passato ha fortemente sviluppato lo sfruttamento del calore residuo degli inceneritori per il teleriscaldamento di abitazioni private e pubbliche. In Svezia vi sono attualmente 32 inceneritori in funzione. La Svizzera in confronto ne ha 29. A causa però della sempre maggior sensibilità e predisposizione degli svedesi alla separazione ed al riciclaggio, i rifiuti da bruciare continuano a diminuire. La conseguenza è che oggi la Svezia, per poter riscaldare le case e gli edifici collegati agli impianti di teleriscaldamento, è costretta ad importare massicciamente rifiuti dall’estero.
Dall’analisi delle cifre riportate dall’articolo della NZZ e da varie altre fonti, risulta che nel 2014 la Svezia ha importato dall’estero 800'000 tonnellate di RSU, con tendenza in crescita.
In pratica si tratta dell’equivalente di cinque inceneritori come quello di Giubiasco che bruciano rifiuti importati dall’estero per riscaldare le abitazioni svedesi. Va ricordato che un inceneritore, oltre ai vari inquinanti atmosferici tossici, immette in atmosfera per ogni tonnellata di rifiuti bruciati, a dipendenza della tipologia, circa 1.5 tonnellate di gas ad effetto serra (CO2), e produce circa 250 kg di scorie (ceneri e polveri) che devono poi essere confinate in discariche protette speciali. Senza tener conto delle nanoparticelle, polveri fini ed altre sostanze nocive alla salute emesse nell’atmosfera dai camini degli inceneritori.
Si direbbe che quanto sta succedendo in Svezia è una sorta di “punizione ambientale” per i cittadini virtuosi e che si danno da fare a ridurre i rifiuti di casa propria! E questo, proprio in un paese modello come la Svezia, che dal 2012 ha adottato la strategia “rifiuti zero”, ed è diventato uno dei paesi con il tasso di riciclaggio più alto al mondo. Il paradosso è che dall’altro lato la Svezia deve importare rifiuti, sperando addirittura di poterne importarne sempre più, da paesi nei quali la separazione ed il riciclaggio non sono proprio uso quotidiano.
In questo contesto, un altro caso simile di casa nostra, riguarda il vetusto inceneritore della Josefstasse nel centro di Zurigo; il primo costruito in Svizzera. Nel 2011, raggiunto il limite degli anni d’esercizio, avrebbe dovuto essere smantellato. Avendo però collegato il teleriscaldamento dovette essere mantenuto in funzione, dopo essere stato concesso ad una compagnia tedesca che ha eseguito un minimo aggiornamento tecnologico. Oggi il citato inceneritore, che non rientra più nel contingente degli inceneritori nazionali, continua però a funzionare, e ad inquinare, bruciando esclusivamente rifiuti importati dalla vicina Germania.
In merito alla situazione da noi in Ticino ricordiamo che il tema della provenienza dei rifiuti e del relativo dimensionamento dell’inceneritore di Giubiasco è stato oggetto di molte controversie e discussioni. Per rassicurare i cittadini giubiaschesi, l’importazione di rifiuti da fuori Cantone, fu esclusa tramite un accordo intervenuto fra l’ACR ed il Municipio di Giubiasco. In più occasioni poi il Consiglio di Stato ed il Parlamento hanno confermato la validità di quest’accordo, rifiutando ogni tipo di divieti d’importazione di rifiuti dall’estero.
Ricordiamo che nel contesto dei quantitativi di rifiuti da bruciare nell’inceneritore di Giubiasco si dovrà tener conto nei prossimi anni della riduzione dei quantitativi apportati dai Comuni con l’introduzione in tutti i Comuni della tassa sul sacco cantonale. Riduzione che potrebbe andare dal 15 al 35% di quanto attualmente smaltito.
In riferimento a quanto sopra esposto pongo al Consiglio di Stato le seguenti
domande:
1. Il CdS è consapevole, vista l’imminente introduzione in tutti i Comuni della tassa sul sacco cantonale e la sempre maggior predisposizione dei cittadini al riciclaggio che la continua estensione dell’impianto di teleriscaldamento, ci potrebbe portare ad una situazione di carenza di rifiuti indigeni come quella svedese?
2. Vi è un “controllo politico“ sulle attività dell’ACR e della TERIS SA che possa evitare che in futuro il problema della “carenza di rifiuti indigeni” possa portare anche da noi a conseguenze tali per gli utenti collegati all’impianto di teleriscaldamento, di dover importare rifiuti esteri?
3. Come viene dimensionato e gestito tecnicamente l’impianto di teleriscaldamento, per evitare che si possano avere delle carenze di calore o di lungo periodo a causa di mancanza temporanea di rifiuti da bruciare?
4. È previsto uno stoccaggio dei rifiuti per poter distribuire la produzione stagionale del calore per la TERIS SA e i suoi utenti? Se si, come ciò avverrebbe?
5. Nel caso l’inceneritore dovesse funzionare per lungo tempo a metà regime (una sola linea) per panne al sistema o per carenza di rifiuti come sarà garantita la fornitura di calore agli utenti teleriscaldati?
Claudia Crivelli Barella, I Verdi