Cronaca
05.10.16 - 15:080
Aggiornamento: 21.06.18 - 14:17
«Basta funzionari e membri di Serie B: così vorrei il Direttivo a sette del LAC»
Il consigliere comunale luganese Giordano Macchi invia a sorpresa una mozione per modificare l'articolo 8. «La spoliticizzazione non è possibile ma virtù tecniche e politiche vanno unite»
LUGANO - Il Direttivo del LAC così come è previsto dal regolamento non va bene. Giordano Macchi, consigliere comunale PLR, ha presentato a sorpresa una mozione per modificare un articolo all'interno dello statuto. Un fulmine a ciel sereno, perché a ventilare la possibilità di un'azione simile era stato il democentrista Galeazzi, e voci di corridoio sussurravano come il PS ci avesse pensato.
«È cronaca recente il bisticciare dei Partiti e non solo per costituire il primo Consiglio direttivo dell'ente autonomo LAC. È un cattivo segnale per un ente con compiti strategici, che dovrebbe poter lavorare in serenità ed armonia», scrive Macchi.
I problemi derivano secondo lui in buona parte dall'articolo 8, quello che spiega come deve essere composto il Direttivo, «approvato con le migliori intenzioni, compresa quella di spoliticizzare il Consiglio direttivo. Nella pratica sono i Partiti politici a rincorrersi per proporre i propri candidati (non forzatamente membri del Partito proponente, ma con il medesimo effetto distorsivo). Ebbene, questo articolo degli statuti non ha retto il suo battesimo, 5 ore di discussione in Consiglio comunale per una fumata nera. È troppo complicato ed in particolare crea i Consiglieri di serie A (gli "eletti") e di serie B (i "cooptati"). Spendersi come persona interessata alla serie A, compromette fortemente la possibilità di restare attivo in serie B. Assurdo e controproducente: genera infatti grosse difficoltà a trovare le persone giuste, con la necessaria competenza, che siano pronte a mettersi a disposizione in questo contesto».
La spoliticizzazione, poi, a suo avviso, è solamente altisonante, e non è praticabile e non contraria agli statuti. «Nei membri vanno piuttosto unite le due virtù, quelle tecniche e quelle politiche, ma senza seguire strettamente la formula del riparto politico secondo la nota formula in uso in Ticino. Le capacità tecniche e le conoscenze specialistiche, il curriculum vitae e il network di conoscenze dei candidati sono imprescindibili; questi requisiti possono essere presenti tanto in persone che non si sono mai interessate di politica quanto in politici di lungo corso. In definitiva il Municipio e il Consiglio comunale vogliono e devono anche dare un indirizzo politico nella guida di qualsiasi ente ove la comunità ha un interesse generale».
Per questo, «la presenza di funzionari in un contesto strategico di un ente pubblico suona quantomeno inusuale e forse addirittura inappropriata». Per esempio, dunque, Lorenzo Sganzini non potrebbe far parte del Consiglio Direttivo.
Macchi propone le seguenti modifiche allo statuto:
«Articolo 8., modifiche di contenuto:
a) Il Consiglio direttivo si compone di 7 membri
b) Quattro membri sono designati dal Consiglio Comunale, (proposti dal Municipio o dal Consiglio Comunale)
c) Il Municipio designa i suoi tre rappresentanti, senza ricorrere a funzionari
d) Viene precisato che “evitare il riparto politico” è da intendersi come la non applicazione del sistema Hagenbach-Bischoff (un sistema elettivo, ndr)
e) (opzionale) Con decisione unanime dei membri, a tempo determinato o indeterminato fino al massimo alla fine del mandato dei membri, possono essere invitati a partecipare alle sedute del Consiglio direttivo dei sostenitori e/o dei terzi che possano contribuire allo scopo dell'Ente, tuttavia senza diritto di voto».
Membri fissi, quindi: sette e non più da sette a nove. «Con regole più semplici e un numero fisso di membri, si dovrebbero poter mitigare alcuni effetti indesiderati testé esposti. La stabilità, la competenza e la responsabilità devono essere l'obiettivo primario, anche sacrificando la buona idea, purtroppo utopica, di un Consiglio direttivo flessibile. La preminenza al Consiglio Comunale è giustificata dal fatto che un ente autonomo, per la sua natura giuridica ed operativa, sfugge maggiormente al controllo democratico del legislativo».