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Cronaca
17.07.17 - 12:500
Aggiornamento: 21.06.18 - 14:17

"Mi dica anche un solo motivo per cui dovrei andarmene!" La mamma espulsa ci chiede aiuto. "Pronta a ricorrere a Losanna, ma senza effetto sospensivo..."

Abbiamo seguito la sua vicenda sin dall'inizio. "Adesso ho un lavoro, in queste condizioni non posso andarci e rischio di perderlo. Mio figlio non sa niente e io prendo tranquillanti. Perché mandarmi via, cosa sono, spazzatura?"

LUGANO – “Ho bisogno di aiuto”. La chiamata che ci arriva in redazione è quella della donna ucraina a cui è stato ordinato di lasciare la Svizzera. TicinoLibero sta seguendo questa vicenda dalla prima email inviata dalla signora, ormai più di un anno e mezzo fa.

La sua è una storia come tante: vive in Ticino, si innamora di un ticinese, da cui ha un figlio, ormai 11 anni. Il compagno preferisce che rimanga a casa a occuparsi del bambino, e tutto sembra andare bene, finché l’uomo non la tradisce e si costruisce un’altra famiglia, ottenendo anche la custodia del bambino. La donna, disperata, si ritrova in assistenza, e quando scade il permesso B, non glielo rinnovano. Deve lasciare la Svizzera, ma non vuole allontanarsi dal suo bambino, e lotta. Fa ricorsi, mostra che la situazione le nuoce alla salute. Arriva il nuovo termine, 15 luglio.

Sono passati due giorni. Cosa è successo, le chiediamo. “Ho fatto ricorso, è stato preso dalle autorità competenti, ho pagato la tassa. Ma non mi è stato dato l’effetto sospensivo, tempo che dovrebbe servire a valutare i documenti che io ho presentato. Mi aveva detto anche il mio legale che sarebbe stato così, invece no. E io adesso sono clandestina, però rimango qui e aspetto la decisione: hanno preso il ricorso, per cui dovranno esaminarlo”.

La donna ci spiega di essere convinta che il ricorso dovrebbe essere accolto. “Vivo qui da metà della mia vita, avrei diritto al permesso di soggiorno”.

“Non so cosa fare, adesso. So che di fronte a problemi del genere di altre famiglie che rischiavano di essere separate l’opinione pubblica ha fatto tanto, smuovendo. E mi auguro che succeda lo stesso anche con me. Penso a una signora africana verso cui è stato compiuto un atto umanitario per non allontanarla dai suoi bambini”.

Aveva trovato un lavoro, ma adesso non può neppure andarci. “Non posso più, mi hanno ritirato la chiave del mio posto di lavoro. E io invece ne ho bisogno, per pagare le fatture e quello che devo dagli anni passati, altrimenti si accumulano debiti. I miei datori di lavoro sono disposti a tenermi, se sistemo i documenti”.

Non ha nessuna intenzione di lasciare il paese. “Non se ne parla neppure, non parto finché non ne sarò costretta. Se la mia storia diventa pubblica rischio che qualcuno mi vuol mandar via? Non lo so, ho anche un contratto di lavoro valido. Se succedesse, vuol dire che c’è un problema, che bisogna reagire. A quel punto sulla bandiera svizzera non dovrebbe esserci un simbolo che si richiama a quello della Croce Rossa.

Le si rompe la voce quando parla del figlio 11enne. “È a casa, non sa nulla. Io invece prendo calmanti, la situazione mi fa stare male. E non andare a lavorare peggiora il tutto, mi trovo a casa senza poter guadagnare. Ho grande speranza che cambi tutto, non ho fatto niente di male!”

Che cosa vorrebbe dire alla Svizzera, le chiediamo. “Di lasciare mio figlio, solo. Ho dato la vita a questo paese, ho vissuto qui metà della mia vita, non ho niente in Ucraina. Tutti gli amici, tutto, sono qui. Dove devo andare, e perché? Cosa sono, spazzatura?”.

I guai sono cominciati dopo l’addio del suo ex. “Non abbiamo rapporti, lui ha una nuova famiglia. Dovrebbe firmare l’affidamento congiunto, non ha fatto neppure quello. Mi dice che conosco le leggi…  Non so cosa dire, davvero. So solo che è importante che finchè non c’è una decisione io posso lavorare. Sono pronta, in caso di scelta negativa, ad appellarmi al Tribunale Federale di Losanna.

Ma se nulla funzionasse e anche, eventualmente, a Losanna le dicessero che deve andare via, cosa farebbe? La donna afferma di non saperlo. “Mi dica un motivo, anche uno solo, per cui dovrebbero respingere la mia domanda. Mi è stato negato anche il permesso, perché sono stata due anni e mezzo in assistenza senza l’affidamento del figlio. Io risiedo da anni qui, il mio bambino è svizzero, lavoro, anche se con tutto ciò che sta succedendo posso perdere di nuovo il posto”.

La sua speranza è che un appello pubblico cambi qualcosa. Intanto, “lotto, continuo a lottare”.
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