PORTO CERESIO – Vivere in Italia, lavorare in Svizzera, per poter mettere da parte qualche franco, dopo anni passati a lavorare e riuscire a pagare tutto senza però risparmiare. Lasciare il Ticino, senza essere compresi, pur vedendoci i lati positivi. Questa è la storia di una futura frontaliera al contrario, sebbene frontaliera anche per amore.
La nostra interlocutrice (nome noto alla redazione) ha all’incirca 30 anni, una figlia in età di scuola media, e dal Luganese si trasferirà presto dal compagno a Porto Ceresio. “Già prima di incontrare lui aveva un’idea di andare a vivere in Italia. Ho divorziato quando mia figlia era piccola, mi sono dovuta arrangiare da sola a crescerla sia a livello lavorativo che a livello economico, ho dunque sempre lavorato a tempo pieno, e i costi sono quelli che sono: riuscivo a fare tutto ma non potevo metter via nulla. Tanti sacrifici e desideravo una soluzione in cui essi venissero ripagati”.
Come si era mossa?
“Erano anni che guardavo i prezzi degli affitti, soprattutto nel Sottoceneri, dove lavoro. Spostarmi per 200 o 300 franchi in meno di affitto non mi sembrava costruttivo. Per risparmiare potevo andare non in città, ma amo avere tutto vicino. Avevo pensato a Chiasso, l’unico posto in cui notavo una vera differenza al ribasso, dunque mi sono detta: perché non fare qualche chilometro in più e andare oltre confine? Il mio compagno vive a Porto Ceresio, molto carino tra l’altro, per cui ho deciso”.
E continuerà a lavorare nel Luganese? Non teme il traffico?
“Sì. Le ore in auto non mi spaventano, ci sono i mezzi pubblici. Purtroppo molti frontalieri non li usano, ma sono comodi. Ora poi c’è la linea diretta tra Varese e Mendrisio e Lugano per cui ancora meglio”.
Immagino che la presenza del compagno sia rassicurante, che diminuisca eventuali timori…
“Ho visto che le persone lì vivono bene, non ci sono tutti i timori che noi ticinesi attribuiamo agli italiani. Non è che non funziona questo e quello, vivono bene come lo facciamo noi. Ogni scelta ha vantaggi e svantaggi, però mi trovo molto bene là a livello di servizi, non manca nulla”.
C’è qualcuno vicino a lei che non ha capito la scelta?
“Tutta la mia famiglia. Hanno la mentalità un po’ tipica ticinese, con i pregiudizi verso la vita in Italia. Per esempio, mia figlia frequenta le medie e ho visto che la scarsa qualità è una diceria, a livello curriculare è migliore che in Svizzera. Ciò che i miei parenti temono è il tragitto, come tanti. Però se mi fossi trasferita per esempio a Chiasso, magari con la stessa distanza, sarebbe stato visto in modo diverso: qui è Italia… Non vedo l’ora di portar dimostrare il contrario, che anche di là, con i problemi del caso, si può vivere bene”.
È delusa o arrabbiata dal Ticino? Che effetto fa andar via?
“Non sono delusa. Però, parlando di Lugano che conosco per averci vissuto, dico che non è una città per famiglie, i prezzi sono fuori di testa. Chi vuole metter su famiglia con un reddito modesto, non è nel posto giusto. Si fa fatica a fare alloggi a pigione moderata, mi pare di vivere una città élitaria, non per tutti”.
Cosa vorrebbe dire ai politici ticinesi?
“Tante cose! Da mamma, chiedo di aiutare di più le famiglie, in particolare riprendo il tema sulle pigioni moderate. Per contro, sempre parlando di Lugano, spezzo una lancia a favore della politica familiare, che mi ha aiutato molto, con strutture in base al reddito. Non è tutto da buttare, assolutamente, poi ognuno fa le sue scelte. Tra l’altro la mia è una scelta in direzione di un cambio di vita, di giro di conoscenze. Non voglio però non dire che in Ticino va tutto male, solo che ci sono cose da migliorare”.