ARZO – Un allenamento che difficilmente scorderanno. I compagni di squadra del ragazzo che l’altra notte ha accoltellato il padre sono rimasti a lungo chiusi negli spogliatoio, assistiti da uno psicologo, per parlare di quanto successo.
Da loro si erano avute le prime informazioni sul 19enne, ora ricoverato all’OSC di Mendrisio, che ha ferito gravemente il padre 47enne. Tutti parlavano di un ragazzo d’oro, disponibile, uno dei leader della squadra. Il suo tecnico ci aveva detto di come spesso per far passare messaggi alla squadra si affidasse a lui. Gli aveva confidato di avere problemi col padre.
Poi, l’assenza all’allenamento di settimana scorsa, senza avvisare.
Del giovane sono emersi altri dettagli: dal clima familiare difficile alla salute psichica. Qualcuno dei compagni ha spiegato che sentiva delle voci, capaci di indicargli magari i numeri da giocare al lotto. Nella sua storia ci sarebbero anche dei ricoveri coatti e il fatto che potrebbe esser stato minacciato di una nuova ospedalizzazione è uno dei possibili motivi alla base dell’accoltellamento. Qualcuno aveva anche pensato alla difesa della madre.
Le ipotesi sono tante, insomma. Di certo non c’è nulla: l'accusa per il giovane è quella di tentato omicidio.
Rimangono, al campo di Arzo, lo shock e la voglia comunque di non abbandonarlo dei compagni di squadra, che si stringono compatti attorno al loro amico.
È l'allenatore a farcelo sapere. “L'aiuto ricevuto è stato importante sia per me che per i ragazzi al quanto sconvolti per l'accaduto”, ha detto.
“Non abbiamo saputo nulla riguardo al fatto, anche perché i ragazzi sì sono uniti ancora di più e hanno solo esternato il loro stato d'animo e il desiderio che il loro compagno non venga né abbandonato né giudicato per quanto successo. Per loro rimane il compagno di squadra che è sempre stato. Ora vorrebbero solo pensare a giocare e dimenticare questa brutta giornata”.
Una presa di posizione forte e netta.