MONCUCCO – I reparti Covid a Moncucco sono diventati tre e non sei: la diminuzione dei casi sta permettendo di ridurre un po’ anche la pressione per quel che concerne l’ospedale e i medici. Ma guai a abbassare la guardia!
Ammonisce in tal senso il Christian Garzoni, infettivologo: “Il grosso rischio è che le persone, spinte dal bisogno di stare con gli altri, riprendano a mischiarsi nella cerchia allargata del nucleo familiare e delle fasce d’età. È chiaro che la Pasqua è un momento d’unione, sarebbe bene evitare comportamenti controproducente”, ha detto al Corriere del Ticino.
Anche quando si riaprirà, bisognerà farlo con calma e prudenza, rispettando le norme e le distanze sociali ove possibile, indossando mascherine. Il virus a suo avviso resterà in giro per almeno 18-24 mesi e il caso del Medico Cantonale Giorgio Merlani mostra che il rischio zero non esiste.
“Seguire le misure riduce il rischio, ma non lo azzera. A titolo indicativo negli ospedali abbiamo un tasso di personale che si ammala prossimo all’1%, nonostante tutte le precauzioni, anche se è impossibile dire se si sono ammalati sul lavoro o all’esterno”, spiega Garzoni. “Quella dei probabilmente la categoria più a rischio. Attualmente mi occupo solo di pazienti COVID e le procedure e le misure sono chiare, il medico di famiglia esercita il suo lavoro e magari si trova contagiato da un asintomatico o da un caso che neppure si poteva sospettare. Poi non vede tutti i pazienti con una protezione totale, cosa invece che si fa in un ospedale COVID. Provo amarezza e un mio pensiero va a quei colleghi, anche in Ticino, che hanno perso la vita. Penso a loro a e alle loro famiglie”.