BELLINZONA – Il Governo ticinese ha deciso ieri (leggi qui) di temporeggiare di voler approfondire giuridicamente l'eventuale abbattimento del lupo. Niente fucile, insomma. Almeno per il momento. Una decisione che non ha soddisfatto gli allevatori e ha scatenato un'ondata di reazioni.
Il Consigliere nazionale PPD e presidente della Federazione cacciatori ticinesi Fabio Regazzi ha preso posizione tramite un'opinione pubblicata stamattina su La Regione. "Con questo contributo non mi occuperò di economia, bensì di un tema che mi sta molto a cuore e che allo stesso tempo mi preoccupa. Mi riferisco al territorio rurale, quello delle nostre valli e delle zone più discoste per le quali intravedo un futuro caratterizzato da molte incognite".
I grandi predatori proliferano in modo incontrollato nell'ambiente costringendo di fatto a una ritirata chi su quei territori vive e lavora. "Un fenomeno ispirato a quella che non esito a definire una anti-cultura ambientalista, che vorrebbe esaltare il concetto di “wilderness"". "Di questa visione se ne fanno interpreti quelli delle cosiddette élites urbane, coloro che dalle grandi città in cui godono di tutti i comfort vorrebbero imporre il loro di modello di fruizione della natura, fatto di sola contemplazione e sciocco buonismo, magari giusto per poter disporre di un territorio apparentemente intatto per trascorrere qualche weekend o alcuni giorni di vacanza lontani dalla frenesia dei centri urbani".
E ancora: "Si tratta, a ben guardare, di una forma di arroganza, intrisa di una malcelata superiorità intellettuale che ricorda varie forme di colonizzazione a cui abbiamo assistito nel corso della storia. Non è mia intenzione alimentare la contrapposizione o il fossato fra le zone urbane e quelle periferiche ma non posso nemmeno evitare di denunciare un fenomeno che potrebbe avere conseguenze deleterie per le nostre valli a livello naturalistico".
"Sarebbe auspicabile – sostiene Regazzi – che il popolo svizzero ritrovi quel sentimento di rispetto e solidarietà verso coloro che godono di condizioni meno favorevoli. Il rischio concreto, ed è questa la tendenza in atto, è che le valli e le zone più discoste diventino oasi protette e intatte a beneficio esclusivo degli abitanti delle aree urbane, ma prive di vita e quindi senza prospettive né futuro. È davvero questo che vogliamo?".