MILANO – L’inchiesta sulle curve di Milan e Inter si arricchisce ogni ora di nuovi particolari e persone coinvolte. Le due frange del tifo di Milano, sostanzialmente, cercavano di non darsi troppi problemi anche – o soprattutto – per salvaguardare gli affari. Illeciti, ovviamente. L’ordinanza del GIP di Milano contiene oltre 600 pagine di intercettazioni e dettagli su come il tifo organizzato esercitava pressioni anche sulle società per mettere mano su biglietti, ma anche sul denaro generato dalle vendite di bancarelle abusive e dai venditori che – per tutta la partita – girano lo stadio di San Siro con bibite e snack vari.
Un manager svizzero – ex amministratore delegato della società incaricata a vendere cibo e bevande all’interno dello stadio – ha raccontato agli inquirenti – scrive il Cdt - di essere stato avvicinato da un membro della curva del Milan. “Chiese se poteva aiutarci a fornire personale, ma non era possibile in quanto la mia società lavorava già in regime di subappalto. Ci chiesero allora se potevano intervenire con una società per subentrare nel servizio di distribuzione, limitatamente al settore della curva. Ma anche in questo caso la risposta era stata negativa”.
Da quel momento, “per la nostra società era diventato impossibile lavorare in curva. Ci furono delle vere e proprie barricate per impedire ai clienti di avvicinarsi ai bar. La curva del Milan riesce a ottenere dei buoni pizza al prezzo di 1'500 euro. Ma il manager svizzero è stato costretto a fatturare alla società del capo ultrà del Milan “servizi di facchinaggio per prestazioni mai effettuate (10mila euro)”.
Per la Procura, “l’attività delittuosa è ancora in atto, considerato come le principali fattispecie riguardino un fenomeno associativo attuale e come la commissione di alcuni reati sia recente e attuale come, ad esempio, l’estorsione in danno dei gestori dei bar siti all’interno dello stadio”.