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Cronaca
14.02.25 - 14:450

In manette "il Pablo Escobar" dell'oro con affari in Svizzera

Il 65enne italiano era il cervello di un’organizzazione che per anni ha fatto entrare illegalmente oro in Svizzera

LUGANO – Lo chiamavano il “Pablo Escobar dell’oro”, e non a caso. Per anni ha gestito un traffico di metalli preziosi tra Italia, Svizzera, Germania e Liechtenstein, incassando oltre 25 milioni di euro e sfuggendo ai radar delle forze dell’ordine. Ma dopo quasi un decennio di indagini, la sua corsa è finita. Un 65enne italiano, considerato il vertice di un’organizzazione ben strutturata, è stato fermato nelle ultime ore e adesso dovrà rispondere di frode fiscale, sottrazione di imposta e contrabbando di metalli preziosi.

L’Ufficio federale della dogana e della sicurezza dei confini (UDSC), con il supporto delle autorità italiane, tedesche e del Principato del Liechtenstein, ha smantellato un’organizzazione che operava come un vero e proprio cartello. Il meccanismo? Oro acquistato attraverso canali illeciti, trasportato in Svizzera grazie a una rete di corrieri e poi rivenduto a società locali con documentazione fittizia. I metodi per eludere i controlli sfioravano il surreale: doppifondi nei camion, lingotti nascosti nei serbatoi, nel cruscotto, persino negli schienali dei sedili. Un traffico meticolosamente organizzato, che ha permesso al cartello di movimentare circa 7 tonnellate di metallo prezioso tra lingotti, gioielli e monete.

Ma perché la Svizzera? Semplice: qui l'oro vale di più. Il sistema, rodato per anni, prevedeva l’introduzione illegale del metallo nel Paese, eludendo i controlli doganali e il pagamento dei dazi. L’oro veniva poi immesso nel mercato attraverso società compiacenti, e i profitti – rigorosamente in contanti – rimpatriati in Italia per finanziare nuovi acquisti. Le indagini hanno rivelato che il metallo prezioso veniva ceduto a ditte elvetiche e del Liechtenstein attive nella lavorazione e nel commercio di oro. Il tutto con un’abile operazione di riciclaggio che permetteva al cartello di coprire le tracce e rendere l’oro “pulito” agli occhi del mercato.

Il 65enne, già domiciliato in Svizzera prima di trasferirsi in Italia, è ora accusato di una serie di reati legati al contrabbando di metalli preziosi. La presunzione di innocenza resta, ma l’Ufficio federale della dogana e della sicurezza dei confini ha già richiesto per lui un divieto d’entrata in Svizzera per almeno dieci anni.

 

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