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06.07.22 - 19:160
Aggiornamento: 06.08.22 - 19:17

Tra il serio e il faceto, quali sono gli errori grammaticali più comuni?

Mettiamo a dura prova i puristi, tra chi usa sempre il pronome "gli" scordando l'esistenza di "le", chi confonde accento e aprostrofo, chi non si ricorda mai se si dice "qual è" o "qual'è"

BELLINZONA - Puristi della lingua italiana, preparatevi a inorridire. Ci sono pochi dettagli che hanno la capacità di far saltare sulla sedia come gli errori ortografici e grammaticali. Che spesso sono compiuti in buona fede di fronte a appassionati e cultori della lingua, che non possono fare a meno di correggere. Anche passando per esagerati o pignoli. Ma la lingua, si sa, ha le sue regole.

Il fenomeno dell’analfabetismo funzionale è presente anche in Svizzera. Si tratta della non capacità di comprendere o produrre un semplice testo scritto. Riguarda anche persone che hanno assolto il loro obbligo scolastico. Si parla di 20mila persone in tutto il paese. Anche senza arrivare a questi estremi, però, ci sono persone che nella grammatica peccano spesso e volentieri.

Ma quali sono gli errori più comuni quando si scrive in italiano?

I pronomi gli o le

Confondere gli e le è uno degli errori più comuni, che possono sfuggire mentre si parla, quando magari si presta poca attenzione alla costruzione della frase. Quando ci si riferisce a una persona di sesso maschile, va usato gli, ad una femminile le. Per esempio: “Gli ho chiesto” se parlo di Luca, “le ho chiesto” se parlo di Sara. Sovente, si usa gli in entrambi in casi: non è però corretto.

Qual è o qual’è?

Un dubbio amletico per molti. È corretta la prima opzione, quella senza apostrofo (non accento, apostrofo: un altro problema in cui molti inciampano). Si tende a credere che quale venga eliso e dunque voglia l’apostrofo ma non è così: è una forma già esistente così com’è.

Apostrofo o accento

La confusione tra apostrofo e accento è frequente. Il primo è il simbolo grafico, in italiano, che indica una elisione; si usa tradizionalmente in sostituzione di una vocale che cade nell’incontro con un’altra: appunto, un’altra è un esempio, da una altra. L’accento è il simbolo grafico che indica l’aumento dell’intensità con cui viene pronunciata una sillaba. Si segna, solitamente, solo se è sulla sillaba finale (ma attenzione ad accenti acuti e gravi…)

A volte non si sa quale dei due simboli vada utilizzato. In un po’ serve l’apostrofo, perché si tratta di un troncamento di un poco. Per contro, il verbo essere al presente indicativo vuole l’accento. Si dice infatti è e non e’. Come ricordarsi? L’unica possibilità è memorizzare…

Dare e fare

La questione si complica con i verbi dare e fare. Si dice fa o da, fa’ e da’ o fà e dà?

Fa è la terza persona del presente indicativo, ma con la medesima persona e lo stesso tempo si dice… dà, accentato. Fà non si usa mai, mentre all’imperativo servono fa’ e da’. E da è una preposizione.

Sì e si

Quando si vuole intendere un’affermazione, serve l’accento. Per esempio: “Sì, sono d’accordo” (a proposito, pure d’accordo è motivo di confusione per molti). Ma la particella pronominale, che ha diverse funzioni (si passivante, riflessivo, o impersonale), non è accentata.

A me mi

Ultimo ma non meno importante, il famigerato a me mi piace. La forma corretta è mi piace o a me piace. Infatti, mi è un equivalente di a me e non vanno usati entrambi.

Ogni tanto capita a tutti di commettere qualche ‘peccatuccio’ grammaticale.

In quali altri vi siete imbattuti?

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