ROMA - Scordiamoci gli angeli che cantano, le campane che suonano a festa nel cuore quando ci si bacia, la metà perfetta della mela: l'amore è (ma non solo) questione di sostanze chimiche. Lo afferma da sempre la psichiatra Donatella Marazziti, che ha studiato la fluttuazione di alcune componenti nel corpo di chi si professa innamorato e durante la relazione amorosa.
Che cosa resta del romanticismo, allora? Lo abbiamo chiesto alla psichiatra, lanciando una provocazione: quindi, l'amore è una sorta di patologia a livello mentale che si può curare, se troppo dolorosa, con dei farmaci? Guidandoci nei suoi studi, Marazziti mette in relazione chimica, strutture cerebrali, bisogno di gratificazione sociale, sofferenza, stalking. La conclusione potrebbe essere è che si parte grazie (o a causa) di sostanze, si continua con l'interazione di comportamenti e responsabilità individuali. Anche nei comportamenti patologici, la biochimica non è assolutamente estranea.
Tanti sono gli spunti portati dalla celebre esperta, per una visione diversa e meno letteraria e stereotipata di un sentimento primordiale come è quello dell'amore, che da un lato toglie sicuramente l'aura di sogno con cui le storie sentimentali vengono presentate in film e libri e vissute da molti, e dall'altro porta una serie di conclusioni che possono aiutare a comprendere diversi comportamenti e che cosa li muove, al confine tra psicologia e biochimica.
Lei ha studiato l’amore dal punto di vista biochimico: ci spiega quali sostanze sono coinvolte nel processo di innamoramento, che cosa succede al nostro cervello e al nostro corpo?
"Quando ci innamoriamo avviene una specie di improvviso diluvio biochimico nel nostro cervello con modificazioni significative dei neurotrasmettitori, quali serotonina, dopamina, noradrenalina e oppioidi endogeni. Si tratta di un vera e propria reazione di allarme che diventa invece piacevole per l’intervento dei circuiti del piacere"
Ci si può spingere a dire che l’amore è solo una questione di sostanze?
"Assolutamente no. L’amore è un fenomeno complesso tipico di noi essere umani che scaturisce dalle nostre strutture cerebrali e si estrinseca attraverso processi chimici. Si è strutturato nel corso dei millenni perché funzionale alle nostra sopravvivenza e alla gratificazione del nostro essere sociali".
L'innamoramento scatta se il cervello è predisposto biologicamente, dice in alcune ricerche. È corretto?
"Certo, senza la “predisposizione” non avviene niente, intendendo per predisposizione una particolare condizione biochimica che fa scattare il sistema di allarme che regola le reazioni di ansia e paura di fronte agli stimoli banali come colore degli occhi di un perfetto sconosciuto"
A questo punto, significa che può partire con chiunque sia presente al posto giusto nel momento giusto e che intesa romantica, coinvolgimento emotivo, partner ideali sono solo espedienti letterari?
"A dire il vero non sono espedienti letterari, ma fenomeni che si possono descrivere o interpretare come si vuole, riconoscendo oggi a essi anche una base biologica".
Se tutto è prettamente chimico, perché si soffre?
"Perché il dolore è inestricabilmente legato a ogni esperienza umana e tutta la nostra vita è un equilibrio tra dolore e piacere. Quando l’altro ci lascia è come se avessimo una deprivazione di una droga e si soffre tremendamente. Per realizzare amore dobbiamo mettere in conto l’inevitabile sofferenza che è anche chimica.
Anche la trasformazione da innamoramento a amore è data solo dalle sostanze nel corpo? Dunque, i comportamenti non hanno alcuna influenza?
"La chimica ci aiuta con l’ ossitocina, l’ormone che regola l’attaccamento al partner, ma non basta, occorrono impegno e dedizione e rinuncia ai nostri egoismi".
A loro volta, le scelte compiute, come per esempio i tradimenti, non sono date dal cervello ma da questioni chimiche?
"A questo punto, esiste la responsabilità individuale? Nel tradimento, come in ogni comportamento umano, coesistono sia la chimica, vale a dire la spinta a esplorare e l’incapacità di tollerare la routine, che la responsabilità individuale"
Cosa ci dice del ruolo dei genitori? Si teorizza spesso che siano le ferite dell’infanzia e il modo in cui si è stati amati che determinano come si amerà, è vero o si tratta di un altro mito?
"È vero, il legame con i genitori (o un solo genitore) è alla base del nostro stile di attaccamento che influenzerà a nostra socialità e le nostre scelte affettive. Sono proprio i ricordi piacevoli o spiacevoli relativi ai legami con i cosiddetti caregivers primari, immagazzinati come memorie nel nostro cervello, a determinare le nostre reazioni amorose".
Parla spesso della relazione tra amore e disturbo ossessivo-compulsivo, la spiega?
"L’amore, soprattutto nella fase dell’innamoramento condivide molte caratteristiche che ricordano alcuni aspetti del disturbo ossessivo-compulsivo, come il pensiero ripetitivo e ossessivo sul partner, la consapevolezza esagerata dell’altro e il senso di incompletezza. Partendo da questi aspetti, ben descritti nei trattati di psicologia che sottolineano come l’idea prevalente dell’innamoramento sia la condizione fisiologica che più ricorda il modo di pensare di chi soffre di disturbo ossessivo-compulsivo e considerando che avevamo dimostrato che questi pazienti presentano una riduzione di serotonina, un importante neurotrasmettitore, ho pensato di valutare la serotonina negli innamorati. I risultati hanno dimostrato che innamorati e pazienti con disturbo ossessivo-compulsivo condividono un’analoga riduzione di serotonina rispetto a soggetti sani. Quello che fa la differenza è che questa alterazione negli innamorati dopo 6 mesi-tre anni ritorna nella norma, in parallelo col modificarsi della relazione e del sentimento".
Le pongo una provocazione: l’amore, la sua fine, i suoi risvolti negativi, si curano con degli psicofarmaci, come una malattia?
"L’amore e tutto quello che comporta, incluso il dolore, è una inevitabile caratteristica ed esperienza umana e come tale non è un malattia. In individui vulnerabili, però, le modificazioni biochimiche che esso provoca, possono diventare il detonatore per comportamenti violenti come lo stalking i delitti passionali, o veri e propri disturbi psicopatologici. Chiaramente, gli psicofarmaci servono sono quando si fa una diagnosi di una patologa psichiatrica".