Politica
02.09.16 - 17:000
Aggiornamento: 19.06.18 - 15:43
«Facoltà di medicina, campus, equilibrio, qualità: le sfide dell'USI»
Il nuovo Rettore Boas Erez non ama essere un uomo solo al comando e pensa che la sfida maggiore sia «continuare a far bene come negli anni passati». E sulle borse di studio...
LUGANO - Da ieri, l'Università della Svizzera Italiana ha un nuovo Rettore. Boas Erez ha cominciato il suo percorso di studi proprio a Lugano, poi ha spiccato il volo verso la carriera accademica a Ginevra, Haward e Bordeaux, prima di tornare per prendere il posto di Martinoli. Abbiamo scambiato due chiacchiere con lui per capire quale sarà il futuro dell'USI.
Cosa l'ha spinta a volersi candidare per il ruolo di Rettore dell'USI? Che potenzialità vede nell'Università della Svizzera Italiana?«La voglia di partecipare ad una bella avventura iniziata venti anni fa. È raro poter contribuire alla crescita di un’università. L’USI è stata costruita su basi solide e principi sani, che le permettono di allargare il suo spettro tematico.
Ha in mente di apportare in tempi brevi qualche modifica? Le modifiche necessarie saranno decise nelle diverse istanze decisionali e più in generale con la comunità universitaria. Sono restio all’idea dell’uomo solo e illuminato al comando, credo invece nell’ascolto e nella valorizzazione delle competenze, molto variegate, presenti nel nostro ateneo».
Quali saranno le sfide future dell'ateneo? La creazione della facoltà di medicina rientra fra queste? «I preparativi per l’apertura del master in medicina umana nel 2020 proseguono a ritmo sostenuto, ma non saranno l’unico progetto importante dei prossimi anni. Bisognerà per esempio sondare le molteplici possibilità di interazione tra i vari campi tematici già presenti e lanciare e seguire la costruzione del nuovo Campus a Lugano-Viganello. La sfida principale sarà comunque di fare altrettanto bene di quanto fatto negli anni passati».
Crede che una preparazione di tipo accademico come quella offerta è attuale e ideale per i giovani che entrano in un mercato del lavoro sempre più difficile?«Il “placement” degli studenti dell’USI è molto buono e credo che la nostra offerta formativa sia stata pensata in modo responsabile. Certo sono tempi difficili, che comportano sfide sempre nuove in questo ambito. Proprio per questo – tuttavia – una buona preparazione accademica apre le porte ad un approccio flessibile, non basato solo su nozioni o competenze spendibili nell’immediato nel contesto professionale, bensì su di un metodo, una forma mentis, attraverso la quale tenere costantemente aggiornato il proprio profilo e il proprio orizzonte. Questo equilibrio tra vicinanza al mondo del lavoro e prospettiva di lungo termine credo sia una delle sfide più importanti della nostra offerta formativa e di tutto il sistema universitario nel suo insieme».
In Ticino si discute sulla forma per le borse di studio (qualcuno vorrebbe che divenissero prestiti sin dal Bachelor), cosa ne pensa?«È un tema complesso: ci sono teorie di economisti che descrivono l’importanza di un investimento nella formazione, proprio quando l’economia non va troppo bene».
Il profilo di studente che desiderate formare è prevalentemente ticinese, per preparare i giovani locali e dare loro più opportunità, oppure internazionale perché il mondo è ormai globalizzato? E a livello di docenti: ci sono buoni profili in Ticino o si preferisce puntare sull'esperienza internazionale come avviene ora?«L’USI, così come le altre università svizzere, punta a giocare un ruolo di primo piano a livello internazionale. Per questo ambisce innanzitutto ad attirare sia professori che studenti di grande qualità; se questi hanno poi legami con il Ticino naturalmente tanto meglio. Sono convinto che sia questo l’approccio che nel medio-lungo periodo possa giovare davvero al territorio».