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19.01.17 - 15:210
Aggiornamento: 19.06.18 - 15:43

EOC, istituti, cure a domicilio e formazione: Ghisla e "Prima i nostri" irrompono nel settore sanitario

Il membro PPD della Commissione per l'applicazione dell'iniziativa popolare propone di estendere la preferenza indigena nella sanità. E le istituzioni finanziate dal Cantone che sono attive in altri settori...

BELLINZONA - La Commissione Parlamentare creata ad hoc per trovare il modo di applicare l'iniziativa popolare dell'UDC "Prima i nostri" continua il suo lavoro. Lo scopo, come noto, è inserire la preferenza indigena come requisito nelle assunzioni di lavoro, e dopo aver chiesto la sua introduzione per quanto riguarda Banca Stato e l'Azienda cantonale dei rifiuti (ACR), i sei membri della commissione si sono concentrati sul settore sanitario. «A parità di requisiti e qualifiche e salvaguardando gli obiettivi aziendali, deve dare la precedenza alle persone residenti, purché idonee a occupare il posto di lavoro offerto»: queste le parole da inserire nelle leggi settoriali sia dell'EOC che della sanità privata. Il settore socio-sanitario è da tempo uno di quelli in cui si fatica a trovare sufficienti residenti. Come ha fatto notare la Commissione, la legge sull'EOC non contempla ad oggi alcuna disposizione sulla natura giuridica dei rapporti di lavoro con i suoi dipendenti. Dunque, Simone Ghisla, rappresentante del PPD, ha proposto che venga aggiunto il criterio della preferenza indigena, modificando dunque l'articolo 8 della legge sull'Ente Ospedaliero Cantonale del 19 dicembre 2000. Allo stesso modo, si legge nel secondo atto parlamentare presentato da Ghisla, «si ritiene doveroso proporre l'estensione del medesimo obbligo agli istituti ospedalieri privati autorizzati a esercitare a carico dell'assicurazione obbligatoria contro le malattie. Ciò, da un lato, per assicurare la parità di trattamento con l'ospedale pubblico e, d'altro lato, in considerazione del fatto che dal 2012 il Cantone è chiamato, in virtù della Legge federale sull'assicurazione malattie del 18 marzo 1994 (LAMal), a finanziare parzialmente le prestazioni erogate da tali istituti in regime stazionario a pazienti a carico dell'assicurazione malattie di base e residenti nel Cantone». Dunque, la preferenza indigena va estesa anche al personale delle varie istituzioni finanziate dal Cantone tramite un contratto di prestazione, ovvero in questo caso gli istituti per anziani, invalidi e minorenni e i servizi di assistenza e cura a domicilio. La Commissione si riserva poi il diritto di approfondire l'opportunità di «estendere l'applicazione di tale obbligo anche a istituzioni finanziate dal Cantone che sono attive in altri settori. Si ritiene infatti che anche enti di diritto privato, nella misura in cui beneficiano di importanti finanziamenti pubblici, possano essere sottoposti dal diritto cantonale a determinati vincoli per quanto attiene alla gestione delle loro risorse, comprese l'assunzione e le condizioni lavorative del personale da essi impiegato». Come ricordato, sovente nel settore sanitario si lamenta una scarsità di lavoratori indigeni. La Commissione vuole dunque, oltre a inserire le basi legali per far sì che essi vengano assunti più facilmente, rafforzare la formazione. «Di fatto, malgrado gli sforzi fatti, nel corso degli ultimi dieci anni, per proporre percorsi formativi innovativi indirizzati a un numero di studenti più sostanzioso, siamo ad oggi ancora confrontati con un deficit di posti di formazione da cui consegue la necessità di occupare posti di lavoro pregiati con manodopera estera. A titolo esplicativo si pensi ad esempio che nel 2017 si formeranno in Svizzera il 43% degli infermieri necessari a coprire il fabbisogno elvetico», si legge in un terzo tato, dove poi si precisa come «una formazione mirata e calibrata che si avvicini alle esigenze del mercato del lavoro cantonale è di fatto, senza cadere in una logica prettamente statalista, uno strumento concreto con il quale perseguire, senza alcuno stravolgimento legislativo, l'obiettivo proposto»: si esorta dunque il Consiglio di Stato a «voler aggiornare il settore formativo socio-sanitario secondo il criterio del fabbisogno».
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