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19.03.18 - 11:030
Aggiornamento: 19.06.18 - 15:43

Luxury Good International, il centro logistico ticinese sospettato di essere al centro di una maxi evasione fiscale da 2,5 miliardi di euro. Scattano le interrogazioni di Durisch e Pronzini

Ticino crocevia dell’evasione fiscale? L’impresa di logistica Luxury Good International è finita nel mirino di due interrogazioni parlamentari, una del gruppo socialista, firmata da Ivo Durisch, l’altra del deputato del Movimento per il socialismo Matteo Pronzini

BELLINZONA - Ticino crocevia dell’evasione fiscale? L’impresa di logistica Luxury Good International è finita nel mirino di due interrogazioni parlamentari, una del gruppo socialista, firmata da Ivo Durisch, l’altra del deputato del Movimento per il socialismo Matteo Pronzini.

L’azienda, scrive Durisch, “che dispone di tre sedi in Ticino, fra cui un immenso deposito a Sant’Antonino, grande come tre campi da calcio,  è finita in prima pagina sui media internazionali perché sospettata di essere al centro di un vasto sistema di frode fiscale. Le prime avvisaglie erano giunte in dicembre quando i giornali italiani avevano pubblicato la notizia di una perquisizione da parte del nucleo di polizia tributaria negli uffici italiani della Gucci a Milano. Già allora si era parlato di sospetti di evasione fiscale in Svizzera, e più precisamente in Ticino”.

Il capogruppo socialista ricorda che “non è la prima volta che la Luxury Goods International finisce sui giornali. Nel settembre 2014 il sindacato Unia aveva denunciato l’estrema precarizzazione del lavoro nelle sue centrali e salari troppo bassi per vivere in Ticino. I dipendenti infatti erano assunti a tempo parziale, ma dovevano essere disponibili in tempi brevissimi: i turni di lavoro e la sede nella quale avrebbero dovuto presentarsi venivano loro annunciati per sms solo la sera prima. Le retribuzioni, a dipendenza del grado di occupazione, variavano dai 2300 ai 2700 franchi, cifre che non permettono a nessun residente di arrivare pagare le fatture alla fine del mese”.

Gli importanti redditi delle aziende dell’alta moda stabilite in Ticino, prosegue Durisch, “poggiano su un sistema opaco che permette di fatturare nel nostro Cantone per delle attività commerciali che avvengono all’estero appoggiandosi su un sistema in cui il segreto e le agevolazioni fiscali impediscono la trasparenza favorendo l’adozione di modalità volte all’evasione fiscale”.

In un comunicato del 4 febbraio 2014 si leggeva che Luxury Goods International “gestisce la piattaforma distributiva e logistica della maggior parte dei marchi del lusso di Kering (Gucci, Bottega Veneta, Saint Laurent, Balenciaga, Alexander McQueen, McQ, Stella McCartney e Brioni)”.
Ora è emerso che la multinazionale francese avrebbe sottratto al fisco 2,5 miliardi di euro a partire dal 2002 servendosi proprio del centro logistico sito in Ticino. La cifra è stata confermata anche dal ministro dell’economia francese. Di questi, 1.3 miliardi sarebbero stati evasi direttamente dal marchio Gucci che per anni avrebbe dichiarato al fisco attività eseguite in Svizzera, ma in realtà condotte in Italia. Si parla anche di 20 top manager del gruppo che ufficialmente erano impiegati nella sede ticinese, ma lavorano in Italia.

“È evidente che un simile “pubblicità” per il Ticino avrà ripercussioni negative per l’immagine del cantone a livello internazionale – prosegue Durisch -. Tanto più che la Svizzera ha aderito al programma contro l’erosione della base fiscale dall’OCSE e si è impegnata a combattere queste pratiche. Le autorità fiscali di altri paesi sono sempre meno propense ad accettare che importanti risorse vengano sottratte all’erario con l’aiuto di altre nazioni. Le relazioni con l’Italia già risultano difficoltose e i negoziati per il nuovo accordo sulla tassazione dei frontalieri si sono arenati, un simile scandalo non farà che inasprire le tensioni”.

Il capogruppo socialista chiede quindi al Consiglio di Stato se era al corrente di queste inchieste per evasione fiscale avviate dalle autorità francesi e italiane, qual è lo statuto fiscale della Luxury Goods International, se i 20 manager di cui parla la stampa sono residenti in Ticino, se ci sono state altre ditte, in particolare del settore della moda, che in passato che hanno avuto problemi simili con il fisco del loro paese e deciso di lasciare il Ticino (pensiamo in particolare ad Armani). Chiede inoltre cosa pensa di queste pratiche, che cosa intende fare per evitare che si ripetano in futuro, e come, e come valuta le ripercussioni di questo scandalo sui rapporti con l’Italia.

L'atto parlamentare di Pronzini

All’interrogazione di Durisch fa eco quella di Pronzini, che scrive: “La Luxury Goods International, l’impresa di logistica con sede in Ticino presentata come “crocevia del lusso”, sembra essere in realtà il crocevia di un vasto sistema di evasione fiscale internazionale”.

Il sistema di evasione fiscale, in cui la Luxury Goods International (LGI) avrebbe un ruolo centrale, sembra però non limitarsi al trasferimento di utili, aggiunge Pronzini. “Negli ultimi mesi sono emersi nuovi dettagli, in particolare riguardo ai manager del gruppo, che imporrebbero una reazione decisa da parte delle autorità ticinesi per fugare i sospetti di condiscendenza e di trattamenti di favore”.

I documenti ottenuti dal sito d'informazioni Mediapart ed esaminati dai media partner del consorzio Eic (European Investigative Collaborations) parlano infatti di una sospetta evasione per un valore complessivo di oltre due miliardi di euro a partire dal 2009 e di “residenze fittizie in Svizzera per la squadra dei manager di punta, venti in tutto”.
E aggiunge: “Alcuni top manager  - secondo i media internazionali - sarebbero stati assunti ufficialmente dalla Luxury Goods Services (LGS), una società ticinese registrata allo stesso indirizzo della LGI, ma dalle indagini degli inquirenti italiani risulta che hanno passato gran parte del loro tempo nelle due sedi italiane del gruppo, a Firenze e a Milano. “È il caso di Piero Braga, il direttore vendite di Gucci per l'Europa e il Medio Oriente che a febbraio scorso è entrato nel comitato esecutivo che dirige la griffe fiorentina”, afferma l’ultima edizione del settimanale l’Espresso”.

Lo stesso giornale in gennaio parlava di Marco Bizzarri, gran capo del gruppo Gucci, proprietario di due appartamenti a Vico Morcote, che in realtà “vive a Milano in un elegante appartamento all’ultimo piano di un palazzo nei dintorni di piazza Diaz, cinque minuti a piedi dal Duomo”.

Pronzini cita a tale proposito il ministro Norman Gobbi: “Ogni volta che l'Ufficio della migrazione viene a conoscenza di un sospetto caso di abuso procede con gli accertamenti necessari, tra i quali figura anche il coinvolgimento delle autorità di polizia per il controllo sul territorio come previsto dalle basi legali applicabili”, e chiede al Governo:
1 - Quanti manager legati al gruppo Kering, alle sue affiliate o alla LGI o alla LGS risultano essere residenti in Ticino?

2 - sono state effettuate perquisizioni al domicilio del Signor Bizzarri o di altri manager legati al gruppo Kering?

È stata perquisita la sede della Luxury Goods Services (LGS) o la LGI o la LGL?

4 - in caso di risposta negativa alle domande 1 e 2, ora che l'Ufficio della migrazione è venuto a conoscenza di questi sospetti casi di abusi procederà con gli accertamenti necessari, tra i quali figura anche il coinvolgimento delle autorità di polizia?

5 - se le informazioni diffuse dai media internazionali dovessero essere confermate, di quale reato potrebbe essere accusata la Luxury Goods Services (LGS) per aver contribuito a far ottenere le residenze fittizie ai manager del gruppo?

E ancora: “Come è possibile che il CEO di Gucci abbia ottenuto di pagare le imposte a forfait se svolge un’attività lucrativa in Ticino? (…). È una pratica corrente concedere lo statuto di globalista a manager che vivono in Ticino e lavorano nel cantone o in Italia?”.

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