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Politica
21.01.19 - 17:050

In mezz'ora, sipario sui rimborsi. Nulla di fatto!

Bocciato il rapporto di maggioranza di Bacchetta Cattori, così come due emendamenti. "Tutto cade e si conclude qui", ha riassunto Kandemir Bordoli

BELLINZONA – “Tutto cade e si conclude qui”, riassume Pelin Kandemir Bordoli, di fronte al voto del Gran Consiglio. Oggi è stata presumibilmente tirata una riga sulla storia dei rimborsi: nessuno dovrà restituire nulla, restano fiumi di parole e di polemiche.

In aula, nell’ultima seduta dello scorso anno si era deciso di non intentare causa ai Consiglieri di Stato interessati, però sull’entrata in materia del rapporto di maggioranza, quello a firma pipidina, che era finita in parità e non si era entrati in materia. Oggi con 44 voti favorevoli, 34 contrari e 2 astenuti si è lanciata la discussione su quanto proposto da Fabio Bacchetta Cattori.

Il PPD aveva aggiunto due emendamenti alla richiesta di restituire quanto incassato in rimborsi telefonici da luglio 2018 in poi: si chiedeva di restituire le spese telefoniche da novembre 2011 in poi e di riesaminare la risoluzione governativa 6840 mediante la quale era stato deciso un aumento del 4% dello stipendio dell’allora cancelliere Giuseppe Gianella. Il primo emendamento è stato bocciato con 43 voti contrari, il secondo con 39. E data l’entrata in materia sul rapporto di maggioranza, non si è nemmeno discusso di quello di minoranza di Bang. 

In mezz’ora, tutto finito. Un anno di polemiche si chiude. “Il Parlamento non è, da un punto di vista istituzionale, l’organo preposto. Queste ipotesi di rimborso dovrebbero, semmai, essere sottoposte al Tribunale cantonale amministrativo nell’ambito di una procedura giudiziaria. Non confondiamo i ruoli”, ha fatto notare Bacchetta Cattori, che era contrario ai due emendamenti. Il suo presidente, Dadò, ha tuonato che quanto accaduto è segno del qualunquismo che regna in Governo.

Matteo Pronzini, che aveva dato il via alla questione, non ha partecipato il voto, parlando di arroganza del Parlamento.

Sipario, dunque.

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