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17.01.20 - 10:170

"La priorità è la firma dell'accordo, ma intanto vogliamo sapere cosa comporterebbe una disdetta di quello del 1974"

Il Consiglio di Stato ha commissionato in merito uno studio all'Università di Lucerna. Vitta: "Vogliamo essere documentati e coscienti su cosa comporterebbe l'altra via"

BELLINZONA - Il Governo ticinese ritiene che sia ora di dare una svolta alla questione relativa all’accordo fiscale con l’Italia, che regolerà la fiscalità dei frontalieri. Dopo anni di stallo, in un incontro con il presidente del Gran Consiglio Franscella il suo omologo alla Commissione affari esteri del Senato ha spiegato di voler trasmettere un atto parlamentare chiedendo di far tornare attuale il tema.

Ma Bellinzona si è mossa altrimenti. Ha commissionato all’università di Lucerna uno studio per analizzare le conseguenze di un’eventuale disdetta dell’accordo del 1974, per avere un piano B in caso lo stallo continuasse. “Per noi lo scenario prioritario è la firma dell’accordo. Tuttavia se questa intesa dovesse essere continuamente posticipata vogliamo tematizzare in maniera documentata questo scenario”.

A Berna hanno sempre parlato di effetti negativi di un’eventuale disdetta ma nessuno ha mai realmente studiato e analizzato cosa potrebbe succedere: con questo studio, pronto entro l’estate, il Ticino desidera farlo.

“Visto che il tempo passa e la firma non arriva su quanto parafato nel 2015 noi abbiamo commissionato questo studio per essere pronti ad agire, ma conoscendo le conseguenze di un eventuale passo. Vogliamo essere documentati, essere coscienti di cosa comporterebbe prendere quella via già ipotizzata più volte negli scorsi anni”, ha aggiunto Vitta al Corriere del Ticino, sottolineando comunque come anche per Berna la firma dell’accordo è sempre stato prioritaria, e che prima o poi per forza di cose bisognerà giungere a una decisione.

Il Consigliere di Stato ha anche intenzione di prendere contatto con chi gestisce il dossier, a Berna, relativo alle difficoltà degli attori ticinesi di operare nel mercato italiano, problema che ha portato per esempio al taglio di 20 posti all’UBS di Chiasso e Lugano e che, secondo esperti, potrebbe costringere ad altri tagli nel settore bancario.

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