ROMA – L’aveva detto Ignazio Cassis in conferenza stampa in Ticino qualche giorno fa, l’hanno ribadito Simonetta Sommaruga e Giuseppe Conte ieri: l’accordo fiscale si farà. Entro fine anno ci sarà una firma, ponendo fine a un tira e molla che dura dal 2015, quando un accordo fu parafato ma mai firmato.
Non sarà esattamente uguale, perché il pagamento delle imposte in Italia potrebbe essere imposto solo ai nuovi frontalieri mentre per chi già lavora in Svizzera ci potrebbero essere delle deduzioni per calmierare l’aumento. Lo avevano proposto Vitta e Fontana, presidenti di Ticino e Lombardia, nella ormai famosa lettera inviata ai rispettivi Governi.
Ma c’è soddisfazione da ambi le parti. Italia e Svizzera si sono scoperte più vicine, ha sottolineato Sommaruga, durante il Covid. I due paesi si sono parlati spesso e da lì sono state gettate le basi per una collaborazione continuativa e ampia, di cui l’accordo è un punto fermo. I frontalieri hanno svolto un ruolo importante soprattutto nel settore sanitario, ha precisato la Consigliera Federale, mentre da parte italiana si è ringraziata la Svizzera per gli aiuti.
Il voto di domenica, dove gli svizzeri hanno respinto l’iniziativa UDC sulla libera circolazione, ha avuto un ruolo? Difficile dirlo, quel che è certo è che tutti si sono complimentati con la decisione del popolo elvetico, tra elogi e scampato pericolo.
“I frontalieri e l'economia transfrontaliera sono una ricchezza economica, sociale e identitaria che non possiamo disperdere”, ha commentato Massimo Mastromarino, sindaco di Lavena Ponte Tresa e presidente dell'associazione dei Comuni Italiani di frontiera. Il quale auspica “che ogni scelta sia condivisa con i territori di frontiera e tutte le rappresentanze locali che non si tradisca lo spirito dell’accordo del 1974 che rimane valido nell’intuizione dei motivi e delle modalità di compensazione finanziaria e che la fretta non abbia il sopravvento”.