VARESE – È morto a soli 67 anni Roberto Maroni, uno degli uomini più rappresentativi della Lega Nord. È stato tre volte ministro e una volta vicepremier, segretario del movimento fondato da Umberto Bossi e governatore della Lombardia. Il “Bobo” non c’era quando il 12 aprile del 1984 a Varese il “Senatur” fondò la “Lega autonomista lombarda”. Ma di Bossi era il miglior amico e con lui aveva fondato la Società Cooperativa Editoriale Nord Ovest. Si erano conosciuti perché il futuro leader aveva letto una lettera di Maroni sul giornale La Prealpina nella quale denunciava una magagna accaduta nel suo comune, Lozza, nel Varesotto. È stato un leghista atipico – Bossi lo definì “un aquilone che sta lontano da chi ha in mano il filo” – e non ha mai rinnegato la sua militanza giovanile nella sinistra. Voleva studiare filosofia e fare il giornalista ma alla fine studiò giurisprudenza e divenne avvocato. Nel 1985 venne eletto in consiglio comunale a Varese e dieci anni dopo fu il primo ministro dell’Interno non democristiano, il primo ministro padano. La sua prima dichiarazione fu: “La Lega federalista, con un leghista al Viminale, diventa il garante dell’unità d’Italia”. In quella veste ebbe un primo scontro con Bossi e il popolo leghista, quando il Senatur decise di sfiduciare il primo governo Berlusconi a causa del famoso “decreto salvaladri”.
L’anno dopo, lasciato il Viminale venne condannato per aver addentato il polpaccio di un poliziotto che stava perquisendo la sede della Lega a causa della fondazione della Guardia nazionale padana.
Silvio Berlusconi lo volle governatore della Lombardia quando la Lega era ai minimi storici e il centrodestra faticava a raccogliere consensi. Ma nel gennaio del 2018 Maroni annunciò a sorpresa che non si sarebbe ricandidato: lasciò la politica e con un gruppo di amici attraversò l’Atlantico in barca a vela. Negli anni successivi si occupò di formazione universitaria e collaborò con il Foglio di Giuliano Ferrara. L’ultima sua apparizione sul fronte politico risale allo scorso anno, quando si candidò per la carica di sindaco di Varese, ma in giugno annunciò il ritiro dalla corsa per motivi di salute.