LUGANO - Dal maggio del 2020 il dottor Duri Gianom è primario di traumatologia alla Clinica Luganese Moncucco. Cinquantanove anni, è di origini engadinesi. È cresciuto a Scuol, nella casa per anziani che gestivano i suoi genitori. “Forse da questa esperienza – racconta - nasce la mia passione per i pazienti anziani”.
Ha studiato medicina a Zurigo e a Berna e per diversi anni ha lavorato in ospedali della Svizzera tedesca, da Zurigo a Winterthur. È poi tornato in Engadina, dove per sette anni ha ricoperto il ruolo di primario all’ospedale di Samedan. Una volta arrivato in Ticino, l’obiettivo era lavorare alla Moncucco, della quale apprezzava la reputazione, grazie alla conoscenza di alcuni colleghi.
“Vengo da una scuola dove si trattava il trauma in modo globale, dal toracico al viscerale, e mi considero uno degli ultimi Mohicani – spiega -. Oggi la medicina è basata sulle super specializzazioni e il paziente viene gestito da team multidisciplinari. Del trauma cranico si occupa il neurochirurgo, di quello del costato il chirurgo toracico, eccetera, mentre le fratture alle ossa sono di competenza degli ortopedici. Si tratta di un concetto americano che si è diffuso in Europa, in particolare in Germania e in Svizzera”.
Dal profilo personale Gianom considera stimolante la capacità, maturata nella sua lunga esperienza, di trattare i pazienti in modo globale. Ma precisa: “Ogni chirurgo, per quanto bravo e versatile sia, deve conoscere i propri limiti e sapere quando deve chiedere aiuto a colleghi specialisti”.
Il progetto Orto-Trauma
Quando, sei anni fa, Duri Gianom è arrivato alla Moncucco ha avuto l’opportunità di avviare il “Progetto orto-trauma”. “Sono molto grato alla Direzione di avermi dato questa opportunità – afferma - perché ho sempre amato la parte manageriale, oltre a quella medica, e creare da zero un servizio complesso, basato sul lavoro in team, è stata una sfida appassionante. Per costruire un buon team ci vogliono tutte le specializzazioni e la cosa fondamentale è individuare le persone giuste. Qui alla Moncucco siamo in una situazione molto vantaggiosa, perché possiamo contare su un grande reparto di geriatria, con ben cinque specialisti. In tutta la Svizzera gli ospedali stanno cercando geriatri, perché la popolazione invecchia, e in Ticino abbiamo la popolazione più anziana della nazione”.
Creare il team è stato un lungo lavoro, che è andato di pari passo con la certificazione della Società tedesca di traumatologia, che la Clinica ha ottenuto nel 2020: “Siamo una delle poche strutture che sono riuscite a centrare l’obiettivo in prima battuta e senza critiche. Ora siamo nella fase di consolidamento, cosa che comporta costanti controlli, verifiche e correzioni”.
Quella del trauma è un’area mista, dove si incontrano ortopedici e traumatologi. “Ma per me - spiega il medico - è importante che tutti i colleghi abbiano, oltre a un’ottima preparazione clinica, anche una grande disponibilità, perché spesso la traumatologia è un lavoro d’urgenza, e il medico dev’essere in sede entro mezz’ora dalla chiamata, e se necessario lavorare anche di notte”.
Il team orto-trauma coinvolge il personale del Pronto soccorso, anestesisti, chirurghi, geriatri, fisioterapisti, logopedisti e naturalmente le collaboratrici e i collaboratori paramedici. “È una rete alla quale collaborano molte persone di diversi servizi, la maggior parte dei quali hanno un’organizzazione autonoma, ma il mio compito è verificare che i pazienti seguano il percorso corretto, e che vengano rispettati i protocolli dell’Associazione tedesca di traumatologia”, spiega il dottor Gianom.
I traumi più frequenti
Il trauma più frequente è quello del femore, ma nella chirurgia dell’anziano ci sono i cosiddetti “big five”: oltre al femore, polso, vertebre, omero prossimale, e bacino. Si tratta di “fratture di fragilità” e quando si verificano va accertato se alla base c’è una patologia molto diffusa: l’osteoporosi.
“Spesso il recupero dura mesi, in particolare quando si tratta del femore - spiega Gianom – e un’alta percentuale di pazienti non recupera più il livello di mobilità che aveva in precedenza. Diciamo che circa un terzo dei pazienti che subisce una frattura del femore non potrà più camminare e che un altro terzo avrà una limitazione della mobilità. Ma in base alla mia esperienza c’è un altro elemento fondamentale: la volontà. Nei pazienti con demenza senile, per esempio, i risultati di recupero sono peggiori rispetto ai pazienti mentalmente lucidi o che hanno una buona rete sociale. Il concetto dell’ortogeriatria punta, dunque, su questo: una buona riabilitazione e una corretta gestione sociale di questi anziani, coinvolgendo anche famiglie e strutture, garantisce risultati nettamente migliori. Un plusvalore che per gli ospedali comporta degli sforzi in termini organizzativi e di coordinamento ma io credo che valga la pena di offrire ai pazienti la miglior forma di recupero possibile”.
Di fronte a una frattura, prosegue il medico, si cerca di fare il possibile, ma poi bisogna lavorare per prevenirne altre, perché i “big five” sono un campanello d’allarme che va ascoltato. “Quindi il lavoro dei miei colleghi geriatri punta su questo: evitare che, una volta tornati nel loro ambiente, casa o istituto per anziani, i pazienti subiscano una seconda frattura. Lo si può fare con una buona riabilitazione, con esercizi di postura e trattamenti specifici contro l’osteoporosi”.
Per evitare di incorrere in fratture è importante garantire agli anziani la possibilità di muoversi, di fare esercizi. Ma poi ci sono gli incidenti domestici. “Ecco, qui spenderei due parole sulla prevenzione secondaria: verificare se ci sono ostacoli in casa, se gli ambienti sono ben illuminati, se ci sono sedie a rischio di rottura. Insomma, occorre prestare molta attenzione alle condizioni di vita degli anziani”.