BELLINZONA – Manifestare, per esempio, con una maschera che riproduce il volto di un politico? Proibito. Oppure indossando delle maschere antigas nell'ambito di una manifestazione volta a sensibilizzare la popolazione sulla problematica dell'inquinamento atmosferico o sui rischi legati all'esercizio di una centrale nucleare? Proibito anche quello, dalla legge sulla dissimulazione del volto, comunemente chiamata legge anti burqa. Il Tribunale Federale di Losanna ha accolto il ricorso di Filippo Contarini e Martino Colombo, sostenendo che “la violazione è causata dalla lista di eccezioni della legge ticinese, che è “chiusa”, ovvero non prevede altre eccezioni che non siano quelle previste negli articoli di legge”.
“Abbiamo vinto perchè i nostri diritti costituzionalidi cittadini svizzeri, laici e non violenti, sono stati violati. Abbiamo contestato solo la violazione della Costituzione svizzera (non del diritto internazionale)”, spiegano i due.
E Contarini rincara la dose. “Ci aspettavamo la sentenza, i diritti violati sono evidenti e solo la politica ticinese non li aveva visti prima. Il Tribunale rimane comunque conservatore, noi chiedevamo un riconoscimento maggiore dei nostri diritti, mentre da Losanna hanno detto che quanto meno un’autorizzazione va data. Noi desideravamo che venisse detto che l’eccezione potesse essere completa: però è stato riconosciuto che ci vuole, per cui va bene. Quel che chiedevamo era che per manifestazioni politiche sia possibile mettere la maschera! È un diritto fondamentale, umano e garantito mettersela, può servire per trasmettere meglio il proprio messaggio o per non essere stigmatizzati dalla società. È incoerente dover chiedere un’autorizzazione, ma in fondo va bene, importante che i nostri diritti politici siano garantiti, dunque siamo soddisfatti”.
Sarebbe pronto a mettersi a tavolino coi granconsiglieri per consigliare come apportare le modifiche?
“Io non sono un politico, sono un giurista. Ho lottato per i miei diritti. Sono convinto che la politica dovrà impegnarsi per ricordarsi che esiste una cultura svizzera a tutela dei diritti. Io non sono qua a fare le leggi, il Gran Consiglio deve fare il suo lavoro, ricordarsi degli svizzeri. Si è dimenticato della nostra cultura, spero che questa sentenza faccia vedere loro che non lo possono fare quando preparano le leggi. Va fatta un’autoseduta di riflessione sul perché si sono scordati i diritti politici dei loro concittadini. Ed anche di quelli economici, hanno dimenticato un’eccezione per motivazioni economiche, tipo mettersi la maschera di Topolino per distribuire flyers”.
Si è dato una motivazione per queste dimenticanze?
“Non gliene importa nulla! Sono ossessionati dal fare leggi simboliche, non che tutelano i diritti”.
Oltre a quelli riconosciuti dal Tribunale, quali altri diritti violati avete contestato?
“Abbiamo contestato una serie di diritti. Il Tribunale Federale ha riconosciuto la violazione di alcuni. Noi eravamo contro il concetto in cui si dice per definizione che se mi copro il volto sono pericoloso: da Losanna hanno detto che è vero sì e no. Cosa succede? Si è aperta una breccia in qualcosa che in Europa nessuno aveva mai detto. Il diritto liberale, a mio modo di vedere, va trattato vietando le cose che si vogliono vietare, non tutto e poi facendo eccezioni per migliorare qualcosa. La legge vieta qualcosa ma non vuole dirlo”.
In questo caso, il burqa…
“Probabilmente voglio vietare anche più del burqa. Ma vuoi vietare alcune cose, sì o no? Hanno fatto la legge vietando, ma poi facendo un sacco di eccezioni. È illogica, non contiene niente della cultura giuridica svizzera”.
Se non vi piacessero le modifiche, siete pronti a ricorrere di nuovo?
“Non è un problema di piacere o no, ma di violare i nostri diritti. Abbiamo fatto il ricorso per questo. È un diritto di tutti, anche chi lo ha fatto contro la tassa di collegamento ha pensato come noi. Il nostro sistema democratico svizzero funziona così, se senti violati i diritti puoi ricorrere. Sono convinto che tutte le leggi sono ricorribili, è previsto dalla Costituzione”.