BELLINZONA – Stamattina, quasi disperata, si è alzata presto, ha raggruppato le innumerevoli foto di lei e del suo uomo, scattate in tre anni di amore sempre contrastato ma sempre più forte, e si è recata a Bellinzona. Ha voluto incontrare il funzionario dell’Ufficio della migrazione (nome noto alla redazione, ndr) che stava per spegnere il suo sogno. “Vuol sottrarmi tre anni, può dedicarmi un’ora”, il suo pensiero.
Lei è Marzy, i lettori di TicinoLibero l’hanno conosciuta quando assieme alla sua amica Ida ci ha raccontato la sua storia d’amore con un ragazzo pachistano che dovrebbe lasciare la Svizzera. Ida nel frattempo, legata a un giovane che era dovuto rientrare nel Kurdistan iracheno, lo ha sposato, e ne abbiamo parlato. Marzy e il suo ragazzo desiderano poter convolare a nozze anche loro, ma mancano i permessi.
Nei giorni scorsi ha saputo che l’Ufficio dello Stato civile non poteva dare il via libera perché l’Ufficio della migrazione non permetteva che lui rimanesse in Svizzera fino al matrimonio. E ci ha contattati (anche se non ci si è mai perse di vista) per lanciare un appello. A tutti, dal Ministro delle Istituzioni Norman Gobbi ai funzionari dell’Ufficio della migrazione, a quelli della SEM e dell’Ufficio dello Stato civile, insomma a tutti coloro che in un modo o nell’altro sono entrati in contatto con la sua storia.
“Non vi siete mai innamorati, fino al punto di fare follie?”, desiderava chiedere. “Non vi è mai successo di amare qualcuno al punto di volerlo sposare e passare il resto della vostra vita con loro? Immagino di sì, e avete avuto la possibilità di farlo. A me è successo col mio fidanzato, a noi invece questa possibilità viene negata. Siamo persone, con dei sentimenti, e non numeri e incarti. Bisognerebbe tener conto di questo, quando si decide. Perché non possiamo coronare il nostro sogno d’amore in Svizzera?”, erano le sue domande.
Marzy non si sarebbe fermata, avrebbe raggiunto il suo uomo in Pakistan per celebrare lì le nozze. Però il suo sogno è poter dire sì qui, vicino alla sua famiglia e ai suoi amici, anche agli amici che lui si è creato nei lunghi anni in cui ha vissuto in Ticino.
Questa mattina, appunto, ha preso la bicicletta e il treno per raggiungere Bellinzona. Ha incontrato faccia a faccia il funzionario dell’Ufficio della migrazione, gli ha mostrato delle conversazioni in cui lei e il suo ragazzo parlavano di matrimonio ben prima che a lui arrivasse il negativo, ovvero il responso di dover lasciare la Svizzera. Nessun matrimonio di comodo, dunque: tra l’altro, lei è reduce da un divorzio e mentre lo attendeva stava già con lui. “Se avesse voluto sposare qualcuno che gli garantiva di restare qui, non sarebbe rimasto al mio fianco in quei due anni”, ha detto.
Poi addirittura si è detta disponibile a lasciare la Svizzera. Al momento percepiva l’assistenza, ma pur di sposare (in Ticino) il suo uomo, è pronta a non chiedere nulla al suo paese e ad andarsene in Italia, dove ha dei parenti, con lui. Per ricominciare una vita: nuova, lontano da tutti gli affetti, ma insieme al suo amore.
Ciò che loro chiedono è solo di poter celebrare il matrimonio qui, con amici e parenti.
“Mi stupisco pure io di quanto faccio, non ho mai fatto niente di simile per nessuno”, ci dice. “Ma lui è talmente un bravo ragazzo che quel che faccio per lui è spontaneo. È una persona speciale, davvero”, conclude.