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Cronaca
28.01.21 - 16:500
Aggiornamento: 01.02.21 - 16:22

Minacciando il suicidio, la costringeva a favori sessuali. Chiesti 24 mesi sospesi per l'ex funzionario del DSS

È in corso il processo d'appello. La Procuratrice Pubblica Chiara Borelli: L'ha consumata a poco a poco, erosa, scardinata, con violenza psicologica. Credo che ad oggi a nessuno interessa a quanto sarà condannato ma che la donna venga creduta"

LOCARNO - 24 mesi sospesi, questa è la richiesta di pena avanzata dalla Procuratrice Pubblica Chiara Borelli. Sta tenendo banco il processo d'appello all'ex funzionario del DSS, già condannato in primo grado per un episodio di coazione sessuale ai danni di una giovane nel 2004 e prosciolto per diversi altri episodi (alcuni per prescrizione). La sentenza dovrebbe arrivare domani, in mattinata parlerà l'avvocato dell'ex funzionario pubblico. Il caso ha sempre fatto discutere, con vari strascichi anche politici.

Questa volta, a differenza del precedente processo, ad accusarlo solo una donna, mentre altre due hanno rinunciato a ricorrere in Appello. Toccante il racconto della vittima, che ha spiegato come l'uomo, che ai tempi aveva una quarantina d'anni mentre lei solo 17, le aveva messo pressione per avere favori sessuali, minacciando di togliersi la vita se lei non avesse acconsentito. Era stato il senso di colpa a spingere la giovanissima a accettare, convinta di non avere alternativa di fronte alla sofferenza di lui. Quando era riuscita a dire basta, lui aveva davvero tentato il gesto estremo, tagliandosi i polsi e riprendendo così la presa su di lei.

"L’imputato l’ha consumata a poco a poco, erosa, scardinata. Tramite una violenza psicologica costante che le ha minato nelle fondamenta l’amor proprio, azzerandola, mettendole addosso dei vestiti che non erano i suoi", ha detto nella sua requisitoria la procuratrice pubblica Chiara Borrelli.

Che ha chiesto 24 mesi sospesi, spiegando come "non credo che oggi a nessuno interessi se l’imputato venga condannato a un mese, a dieci giorni, a un giorno. L’interesse è che la donna venga creduta".

La stessa vittima, su precisa domanda, ha detto che preferisce che non venga fatto pubblicamente il nome dell'uomo, per rispetto verso la figlia di lui. 

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