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Cronaca
08.11.22 - 17:570

Selvaggia Lucarelli contro Le Iene: “Un programma socialmente pericoloso”

L'opinionista all’attacco della trasmissione dopo il suicidio del 64enne finito al centro di una vicenda di “catfishing” e messo in imbarazzo da un servizio di Matteo Viviani: “La Tv usata come manganello, uno scempio del giornalismo"

“Le Iene sono un programma socialmente pericoloso. Lo sostengo da anni, ho scritto numerosi articoli (l’ultimo due settimane fa) denunciando la disinformazione che la squadra di Davide Parenti continua a diffondere”.

Comincia così il “J’accuse” di Selvaggia Lucarelli in seguito all’episodio del suicidio di Roberto Zaccaria, il 64enne di Forlimpopoli finito al centro della vicenda legata al suicidio di Daniele, un giovane di 24 anni che si era tolto la vita dopo aver scoperto che dietro al profilo della sua fidanzata conosciuta online e con cui chattava da oltre un anno, c'era in realtà il 64enne Roberto, che poi si è suicidato a sua volta.

Una durissima critica alla trasmissione di Italia 1 e al suo metodo di lavoro: “Aspettare un uomo che ha pagato il suo debito con la giustizia sotto casa. Un uomo che sta spingendo l'anziana madre che grida 'aiuto' su una carrozzina. Rendere riconoscibile lui, la sua casa. Il suicidio. Il metodo Iene, ancora una volta, senza pietà”.

Matteo Viviani ha raccontato la brutta storia di catfishing con epilogo drammatico che ha coinvolto Roberto, 64 anni, e il ventiquattrenne Daniele. Il catfishing è una sorta di inganno via web che consiste nel crearsi un’identità falsa per raggirare gli altri, spesso intrattenendo rapporti sentimentali che durano mesi o anni e non necessariamente a scopo di lucro. Talvolta, dietro a questi inganni, ci sono persone con disturbi della personalità o che fanno fatica ad ammettere il proprio orientamento sessuale e che dietro una falsa identità sui social possono essere quello che non riescono ad essere nella vita reale: uomini che si fingono donne e viceversa. 

In questo caso, il sessantaquattrenne Roberto fingeva di essere un’avvenente ragazza di nome Irene. Con questa falsa identità aveva adescato Daniele, con cui aveva avuto una relazione virtuale per circa un anno, finché l’altro non aveva scoperto l’inganno e si era suicidato. Era seguito un processo, il sessantaquattrenne  era stato condannato a una multa per sostituzione di persona ma non era stato ritenuto colpevole del suicidio del ragazzo (le altre ipotesi di reato erano state archiviate). Insomma, tra processo e multa, Roberto aveva pagato il suo debito con la giustizia. I genitori del ragazzo suicida però ritenevano comprensibilmente che la giustizia fosse stata troppo clemente con lui e se ne erano lamentati pubblicamente, chiedendo maggiore severità per queste condotte.

E qui arrivano le Iene, il resoconto e la critica pesantissima della giornalista. “Iene che non si accontentano di raccontare la storia e accendere una luce su quanto si possa arrecare dolore con le truffe sentimentali, no, dovevano andare a caccia del colpevole - scrive Lucarelli nel suo lungo editoriale, pubblicato su “Domani” - Le legge non lo ha punito a sufficienza, serve la gogna in prima serata. Serve che il giudice-poliziotto Matteo Viviani vada a stanarlo. Un po’ come il Dexter della serie americana che fa a pezzi con la motosega i criminali che se la sono scampata con la giustizia. Il servizio è agghiacciante. Viviani compie l’agguato: insegue questo signore per le stradine di Forlimpopoli, 13.000 abitanti, senza uno traccio di pietà per il contesto. Roberto infatti, quando viene assalito dalle telecamere, sta spingendo la sua anziana madre in carrozzina. È dunque presumibilmente il suo caregiver. ‘Perchè lo hai fatto?’, ‘Qual era il tuo scopo?’, gli urla per strada. Roberto, che non sembra una persona in uno stato mentale normalissimo, gli urla di lasciarlo, accelera il passo, la carrozzina con la madre sopra sbatte su una colonna, la signora anziana spaventata grida, volano dei fogli, un signore in monopattino si ferma per aiutare l’anziana che ne frattempo era stata scagliata con la sua sedia a rotelle contro Viviani.

Ma Viviani continua, legge ad alta voce  i messaggi che l’uomo inviava via chat al ragazzo suicida. Legge anche messaggi sessualmente espliciti, e che non hanno alcuna utilità ai fini della ricostruzione giornalistica, ma che servono solo ad alimentare il senso di vergogna. Intanto viene inquadrata l’abitazione dell’uomo. Vengono rubate delle frasi registrate di nascosto. Tutti in paese lo riconoscono. A questa gogna si aggiungono interviste a una psicanalista che mai aveva incontrato l’uomo e che rincara la dose sottolineando il suo piacere sadico nel fare ciò. E stabilendo che c’è una causa-effetto chiarissima tra la condotta di Roberto e il suicidio di Daniele”.

"Evidentemente la psicanalista Giuliana Barberi conosce molto poco le dinamiche del catfishing, perché non si tratta necessariamente di sadismo ma anche, per esempio, di un problema di identità sessuale. E il fatto che questi individui (per esempio Roberto) costruiscano una rete di fake compresi finti amici e parenti del loro fake principale. La psicanalista non si è preoccupata neppure di capire che vita potesse fare un anziano che si prende cura di una madre disabile, non si è domandata se la costruzione di identità meravigliose nel virtuale non possa rendere meno brutte vite faticose".

Nel servizio, poi, viene fuori che il povero Daniele aveva confessato al fake di soffrire di depressione, e in effetti nella lettera di addio confessa di non aver avuto mai amici o fidanzate. A 24 anni non aveva mai avuto rapporti sessuali. Alla finta Irene diceva: “Sei la cosa più bella che mi sia capitata nella vita”. 

“Pur col massimo rispetto per il suo dolore e con profondo disgusto per l’inganno che aveva subito, non si può dire che il suicidio sia avvenuto in un contesto privo di concause - scrive Selvaggia Lucarelli - Esisteva una sofferenza pregressa, probabilmente non compresa nel profondo da chi lo amava o forse dissimulata bene. Questo servizio de Le Iene, così feroce nei confronti di un uomo che per quanto colpevole non si poteva rieducare con un agguato mortificante e la vergogna mediatica, ha provocato un’ondata di violenza nei confronti di Roberto: messaggi di odio sui social, minacce, insulti. E poi dei manifesti apparsi nel suo paese dove ormai tutti sapevano chi fosse con la scritta ‘Devi morire’. Anche Roberto, travolto da vergogna e sensi di colpa, si è tolto la vita mandando giù un mix di farmaci. Matteo Viviani può essere soddisfatto, giustizia è fatta. Chi sarà la prossima vittima di questo manganello mediatico?”

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