MENDRISIO - Mentre l’inflazione erode il potere d’acquisto delle persone e annulla l’aumento dei salari, si allarga la parte di popolazione ticinese che chiede aiuto alle varie Associazioni di assistenza. In questi giorni è stato pubblicato il rapporto di attività di Casa Astra, struttura di prima accoglienza del mendrisiotto, dal quale emerge un dato significativo dei cambiamenti della società nell’ultimo anno.
“La composizione di chi negli anni ha bussato alla nostra porta è cambiata”, ha dichiarato al Corriere del Ticino Marco D’Erchie, operatore sociale di Casa Astra. Se in passato erano principalmente persone tra i 36 e i 45 anni a chiedere aiuto, “oggi la forchetta si è allargata, includendo anche i giovani e gli over 50”. La causa principale di tale fenomeno è la perdita del potere d’acquisto dovuta all’inflazione che, secondo D’Erchie, tocca trasversalmente la popolazione.
Secondo gli ultimi dati dell’Ufficio federale di statistica, l’indice dei salari nel 2022 è cresciuto mediamente dello 0,9%, a fronte di un rincaro del 2,8%. "Per chi si muove sul filo di lana questo scarto può significare molto. Una fetta della popolazione si è ritrovata sotto la soglia della povertà", come conferma Fra Martino Dotta della Fondazione Francesco. “La distribuzione quotidiana dei pasti nelle mense di Lugano e Locarno, nel 2022, è quasi raddoppiata. Offriamo quotidianamente un centinaio di pasti e la tendenza, nei primi mesi del 2023, racconta di un ulteriore aumento delle richieste di aiuto”.
La povertà in Ticino oggi ha un volto nuovo. Nell’ultimo anno è cresciuta notevolmente la categoria dei cosiddetti “working poor”, persone cioè che hanno un lavoro, ma il cui reddito non consente loro di far fronte a tutte le spese e di condurre una vita dignitosa. Oltre ai working poor, vi sono naturalmente i disoccupati. “Spesso si tratta di persone che hanno svolto un lavoro con salari bassi e con percentuali ridotte, e che pertanto oggi hanno diritto a indennità di disoccupazione minime che non consentono di far fronte alle spese quotidiane, e che si vedono perciò costrette a richiedere prestazioni sociali per integrare la disoccupazione”, spiega ancora Marco D’Erchie.
Nel 2022 Casa Astra - nata 19 anni come struttura di prima accoglienza per persone senza fissa dimora - ha accolto 108 persone. E da tempo si assiste ad una crescita di ospiti svizzeri o residenti, segnale preoccupante di come il nostro territorio stia subendo una trasformazione profonda, a fronte di un numero troppo esiguo di reti sociali attive. Il caro vita e i salari che non crescono adeguatamente e non tengono il passo con gli altri Cantoni, oltre agli effetti della pandemia ancora percepibili sulla popolazione, sono le principali cause di questa tendenza in atto, per cui il Ticino risulta particolarmente esposto al fenomeno povertà. Ciò deve suonare come un campanello d’allarme.
Significativi e indicativi di una tendenza preoccupante anche i dati del Tavolino Magico, che recupera in 14 centri di distribuzione cibo non più vendibile ma ancora perfettamente commestibile. “Ogni settimana serviamo circa 2.300 persone”, spiega al CdT Simonetta Caratti, responsabile della comunicazione dell’Associazione. “Negli ultimi mesi abbiamo visto una crescita sensibile delle richieste, pertanto a giugno apriremo un nuovo centro a Lugano, dove siamo già presenti con 3 strutture. Anche a Bellinzona, passeremo da 2 a 3 centri”. Il cibo in esubero, poi, viene destinato alle mense sociali come quelle di Fra Martino Dotta. In tutto sono 20 mense, che ogni settimana forniscono pasti a 500 persone.
La povertà, in Ticino, ha dunque diversi e nuovi volti. Come racconta al CdT Marco Chiesa, presidente di Soccorso d’Inverno: “La povertà assume diverse forme, e non sempre sono evidenti. Negli ultimi mesi sono aumentate sensibilmente le richieste di aiuto da parte di famiglie e individui”. Una tendenza in atto sin dal 2020, segno che gli effetti della pandemia continuano a gravare sui ticinesi. L’esplosione dei prezzi legata all’inflazione ha ulteriormente aggravato la situazione. “Nel 2022, Soccorso d’Inverno ha ricevuto 935 richieste di aiuto, 751 delle quali sono state accettate”, prosegue Chiesa. “Nel 2019 le richieste erano meno di 400. In tre anni sono più che raddoppiate. Chi ci chiede aiuto sono persone che hanno perso il lavoro, o hanno subito una riduzione del reddito, ma anche padri e madri soli”. Tutti accomunati dalla medesima difficoltà nell’affrontare l’aumento dei costi di affitto, premi di cassa malati, alimenti per i figli e conguagli vari. Alcuni di coloro che chiedono aiuto sono anche persone che hanno finito di percepire l'indennità di disoccupazione e sono in attesa di ricevere l’assistenza, passaggio, questo, che richiede tempo.
In realtà, secondo gli ultimi dati ufficiali, il numero delle persone in assistenza in Ticino è in calo rispetto al quadriennio 2016-2019, con 6900 beneficiari a fine 2022. Tale incongruenza è spiegata da Marco D’Erchie e Marco Chiesa: “In realtà la soglia della povertà inizia molto prima dell’assistenza”, afferma il primo. “Diverse persone in difficoltà faticano a rivolgersi alle autorità per chiedere aiuto”, gli fa eco il secondo. Ciò a causa della vergogna, del timore di venire stigmatizzati.
Dunque, quali sono i parametri oggettivi per definire oggi la povertà nel nostro Cantone? Come riporta il CdT, l’Ufficio cantonale di statistica indica due percorsi: il primo, basato su criteri oggettivi, fissa un reddito minimo e quindi stima il numero di persone con un reddito inferiore a questa soglia; il secondo prende in analisi criteri più soggettivi, e cerca di valutare quante persone non riescono a permettersi certi beni, oppure reputano insoddisfacenti le proprie condizioni di vita. Stando agli ultimi dati disponibili (2020), il 24,4% in Ticino vive in un’economia domestica con un reddito disponibile inferiore alla soglia di rischio di povertà, contro una quota del 15,4% a livello svizzero. Un altro indicatore che stima il livello di povertà è il “tasso di deprivazione materiale”, che misura la proporzione di persone con almeno tre condizioni di disagio economico. In Ticino esso è al 10,8%, contro il 4,3% nazionale. Le condizioni di disagio più frequenti sono: l’impossibilità di affrontare una spesa imprevista di 2.500 franchi (che tocca il 28,9% dei ticinesi); avere un arretrato di pagamento (18,3%); non avere mezzi finanziari a sufficienza per permettersi almeno una settimana di vacanza all’anno (16,3%). Per quanto concerne invece l’approccio oggettivo, nel 2020 il 33,6% della popolazione si è dichiarata molto soddisfatto della propria condizione di vita, contro una percentuale del 40,4% a livello svizzero. Per contro, il 5,2% della popolazione cantonale ha valutato insoddisfacenti le proprie condizioni di vita, mentre la quota a livello nazionale era del 2,7%. Per oltre una persona su 5 (il 22,4%) infine, è molto difficile arrivare a fine mese, mentre a livello nazionale questo rapporto scende a circa una persona su 10 (10,9%).