Politica
18.08.17 - 11:400
Aggiornamento: 19.06.18 - 15:43
Righini, "chi ha tradito il popolo? Noi o chi vendeva fumo come Lega e UDC? Ma il punto centrale è un altro: Swissexit o no?"
Parole dure del presidente socialista in merito alla garanzia ricevuta da Prima i nostri. "Non sono state proposte soluzioni per il settore privato, dove ci sono i maggiori abusi. Le persone che lavorano hanno un cuore e un'anima, vanno rispettate"
BELLINZONA - Non si può fare, tanto fumo e niente arrosto. Lo ripete, con parole diverse più e più volte Igor Righini, presidente del Partito Socialista, nel corso di una lunga intervista al Corriere del Ticino. Prima i nostri, anche se ha ricevuto la garanzia federale, è inapplicabile.
"Nel suo messaggio il Consiglio federale ha inoltre specificato che la verifica della conformità della legge, che non può oltrepassare i limiti del diritto cantonale, incombe alle autorità ticinesi. In questo senso, il Consiglio di Stato ha sancito che la legge proposta non è applicabile", spiega, quando gli si cheide come mai a Bellinzona si è detto no e a Berna sì: in teoria sarebbe fattibile, non si esclude che si trovi qualche chance, per cui la garanzia è stata data, ma non porterà da nessuna parte, e in questo modo di spiega anche la differenza di approccio del Governo rispetto a quando si è trattato di lavorare per applicare Salviamo il lavoro in Ticino.
Le accuse di Righini all'UDC, e alla destra in generale, sono pesanti: "Chi ha tirato il carro del progetto Prima i nostri ma poi per primo, nei fatti, sfrutta ed approfitta da sempre degli altri assumendoli perché a miglior mercato, non fa gli interessi del Ticino e dei ticinesi. Queste persone svelano le vere ragioni di un progetto pensato per affascinare ma terribilmente vuoto e privo di sostanza. Bello e luccicante come una mela di plastica, seppur rossocrociato è indigesto".
D'altronde, sostiene, "chi lavora non può essere usato dalla politica per degli interessi di comodo; ci sono persone con dei bisogni ben precisi, una famiglia, dei figli, un cuore e un’anima. Vanno rispettatate". La soluzione non può che essere l'inserimento di minimi salariali e di contratti collettivi.
Il discorso di fondo, però, per il socialista è un altro: la destra vuole un Swissexit? "Il popolo non ha solo aderito a questi due ordinamenti costituzionali di stampo protezionista e votato per una chiusura (ovvero, il 9 febbraio e Prima i nostri), ma ha anche votato gli accordi bilaterali decisamente orientati all’apertura e i quali sono altrettanto importanti. Dei due orientamenti o uno oppure l’altro. Ma i due assieme no, neppure in Svizzera, la patria dei compromessi". Nè è possibile, ritiene, disdire il solo accordo di circolazione, iniziativa che l'UDC ha intenzione di lanciare a fine anno.
Pubblico e parapubblico sono già regolamentate (anche se ciò non impedisce che vengano assunti frontalieri in quei settori, mentre con una legge diverrebbe molto più difficile), e Righini contesta come "la destra leghista e UDC non hanno proposto soluzioni serie per il settore privato dove vi sono i maggiori problemi e abusi. Il popolo ha espresso la volontà di proteggere i residenti ticinesi. Fin qui tutti d’accordo. Il problema nasce quando bisogna andar d’accordo sul come fare. Dai primanostristi, dopo le tante garanzie da campagna elettorale, non è arrivata una sola soluzione pertinente e applicabile. E allora chi ha tradito il popolo e la sua volontà? Chi durante la campagna si è battuto in aperta trasparenza spiegando che quel progetto vendeva fumo e che nei fatti non era applicabile, come il Partito socialista, oppure chi ha dato garanzie e ricevuto la fiducia dal popolo per realizzare un progetto che poi nei fatti non ha saputo realizzare, come la Lega e l’UDC?", conclude.