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25.02.18 - 16:130
Aggiornamento: 19.06.18 - 15:43

Perché le lettere del Controllo Cantonale delle Finanze non erano arrivate a John Noseda? Pronzini e la segnalazione a Parlamento e Procura. "Inoltre è grave che..."

Il deputato MPS ha scritto ai colleghi e a Noseda che "il decreto d'abbandono era sorprendente perché i Ministri sapevano. E il pg ha avuto l'onestà intellettuale di approfondire. CPI? La questione è chiara: devono restituire. Quanta sudditanza, e il Governo ha una logica turca"

BELLINZONA – John Noseda ha riaperto l’incartamento relativo al caso dei rimborsi dei Ministri. Secondo quanto ha riferito Matteo Pronzini ieri al Quotidiano della RSI, i documenti in più giunti sul suo tavolo sarebbero delle lettere del Controllo Cantonale delle Finanze inviate ai Ministri, dal 2011 in poi, dove si faceva notar loro che una delle due note protocollari relative ai rimborsi fosse priva di base legale.

Ma come mai queste lettere sono arrivate solo dopo a Noseda? Per Pronzini, determinanti sono state le sue comunicazioni ai colleghi deputati. E come suo solito, non risparmia critiche a Governo e Parlamento.

Lei c’entra qualcosa nell’arrivo dei nuovi documenti a Noseda?
“Ho semplicemente segnalato alla Procura, come avevo fatto coi gran consiglieri, che era strano che Noseda avesse preso questa decisione tenendo conto del fatto che i Consiglieri di Stato sono stati informati personalmente dal Consiglio Cantonale delle Finanze. E dopo la segnalazione, qualcuno in Procura si è attivato per avere le missive”.

Dunque, ci sta dicendo che se lei non avesse scritto così ai suoi colleghi e alla Procura, il pg non avrebbe avuto le lettere?
“La mettevano via senza preti… La cosa più grave è che avevo scritto due volte al Gran Consiglio dicendo che avremmo dovuto cominciare a fare ricorso, poi avremmo approfondito dando mandato a un penalista la questione e in marzo alla prossima seduta avremmo deciso definitivamente cosa fare. Si è fatto decidere al Gran Consiglio senza che nessuno di voi avesse visto la documentazione visionata dal Procuratore. Essendo l’Alta vigilanza sul Consiglio di Stato, avremmo avuto diritto. E non vederla è stato grave. Meno male che Noseda ha avuto l’onesta intellettuale di approfondire. In Parlamento, da destra a sinistra, hanno detto di no”.

Per quanto concerne la Commissione Parlamentare d’Inchiesta, cosa ne pensa?
“Qui la questione è semplice, non servono inchieste: devono rimborsare, non serve una Commissione. Bisognerebbe capire come mai Noseda non aveva ricevuto tutto il materiale. Cosa ne penso? Mi sembra che ci siano analogie con Argo, con Bertoli che aveva detto che il DSS aveva ricostruito un alibi a posteriori. Mi pare qualcosa di analogo, si è tentato di raccontare una storia, dicendo che dormivano o se c’erano dormivano e che la responsabilità è solo del Cancelliere. Evidentemente ha le sue responsabilità, che sono però in primo luogo dei cinque Ministri, che sapevano”.

Argo, i permessi, ora questo: c’è tanto da scoprire ancora?
“Penso che quel che è emerso è già sufficiente. Abbiamo cinque Consiglieri che scientificamente hanno nascosto dei documenti per incassare dei soldi a loro beneficio. Se ad Argo la colpa era di uno, adesso sono cinque. D’altra parte, c’è una sudditanza del Parlamento, dai Verdi all’UDC al PS, verso il Governo. È da dicembre che parlo con i capogruppo, avevamo chiesto al PS di agire con noi e ci è stato risposto di no. Quel che ripeto spesso anche in Parlamento è che esso deve avere autonomia nei confronti del Consiglio di Stato. Si va sempre più verso una logica turca, con un atteggiamento arrogante del Governo anche verso il Gran Consiglio”.

Lei non ha rappresentanti in Governo per cui è forse una delle persone più indicate per queste denunce. Sta guadagnando molto anche in popolarità…
“In un ambito di democrazia borghese come la nostra è fondamentale che vi sia un movimento come il nostro, di opposizione, che parte da logiche diverse, come la difesa della popolazione e dei salariati, ora anche contro il comportamento arrogante e prepotente del Governo e dei partiti”.

Paola Bernasconi
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