BELLINZONA – eVita getta la spugna: la Città dei Mestieri, se si farà, non sarà nello stabile di Giubiasco. Il caso politico non è comunque chiuso.
Partiamo dalla missiva inviata dalla società alla Gestione, in cui si annulla anche l’incontro in agenda per il 28 agosto con la stessa Commissione della Gestione (eVita si dice comunque disponibile, se verrà ritenuto ancora necessario vedersi), che veniva ritenuto importante per chiarire molte informazioni secondo la società stessa fuorvianti. “Dopo aver preso atto della tempistica estremamente incerta per una decisione (...) la scrivente società si vede costretta per le ragioni indicate sopra a ritirare l’offerta formulata”, si legge nella lunga lettera, a firma di Flavio Petraglio e Paolo Vismara.
eVita vuole comunque precisare come lo stabile, che ritengono “possa interessare numerose aziende che cercano spazi amministrativi in una posizione centrale in Ticino, facilmente raggiungibile sia con veicoli privati, sia soprattutto con il trasporto pubblico”, non è stato pensato per il Cantone, anzi. È stato un’iniziativa di privati ed è stato proposto ad acquirenti sempre privati, poi nel novembre 2015 gli spazi vengono proposti anche al Governo. Insomma, in un secondo momento: l’edificio non è pensato per un uso esclusivo cantonale e l’Ente Pubblico non ha speso un centesimo nella costruzione. Che ora si trova “allo stato grezzo”.
Cosa ne sarà, ora, del progetto Città dei Mestieri? L’idea è di proseguire e di trovare altri spazi, qualcuno chiede di guardare fra quelli già di proprietà dello Stato.
“Formalmente il messaggio governativo è ancora pendente benché privo d’oggetto, visto il ritiro dei proprietari. A questo punto attendiamo una decisione del Consiglio di Stato. Potrebbe ritirare il messaggio o aggiornarlo. O si potrebbe anche andare in aula discutendo sul rapporto commissionale. Sono diverse le strade percorribili. Forse la soluzione più semplice, a questo punto, è il ritiro del messaggio. Ma non vorrei banalizzare la situazione”, ha detto Raffaele De Rosa, presidente della Gestione, a La Regione.
Manuele Bertoli precisa che non vi è colpa del Governo e punta il dito sul Parlamento. “Abbiamo in effetti sempre ritenuto l’operazione possibile. C’è stata per contro la non volontà del Gran Consiglio di affrontarla, perché in un anno di tempo non è stato in grado dire sì o no. Credo dunque che l’epilogo della vicenda sia un fallimento della politica attendista del Parlamento”, ha dichiarato al Corriere del Ticino.
Il caso era esploso quando il PPD, dapprima con Nadia Ghisolfi poi con articoli su Popolo e Libertà, contestava il coinvolgimento di diversi esponenti PLR. Poi da lì la discussione era scivolata sulla presunta violazione della legge sulle commesse pubbliche, con la domanda: ma questo stabile e questa operazione, devono sottostarvi? Un quesito di non facile risposta, per cui sui tavoli vi erano addirittura quattro perizie.
“Ho l’impressione che il ritiro dell’offerta sia un modo per salvarsi in corner. La questione non è risolta. Il Governo non pensi di ritirare il messaggio e chiudere la vicenda in quattro e quattr’otto. Vi sono domande che attendono ancora una risposta, in particolare in merito al rispetto della legge sulle commesse pubbliche”, tuona Fiorenzo Dadò, presidente del PPD, sul Corriere del Ticino.