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17.09.18 - 09:000

Dal "novello Mosé" alla "scuola socialista" fino a "le responsabilità me le prendo io": Quadri vs Bertoli

Il leghista pubblica dieci punti per cui secondo lui si dovrebbe votare contro La Scuola che verrà, il Ministro replica. E sono scintille

BELLINZONA – Botta e risposta tra Quadri e Bertoli, tra Lega (dal Mattino) e PS, tra contrari e favorevoli a La Scuola che verrà. Il tutto in dieci punti. Siamo ormai a una settimana da una votazione sentita, che oltre che una battaglia sulla scuola è una battaglia politica. Il Mattino pubblica un decalogo di perché votare no, il Ministro risponde punto per punto.

“Dopo aver dato degli stupidi o servili a tutti sul Mattino di oggi, al PLRT, al PPD, a Gabriele Gendotti, a Luigi Pedrazzini, al Corriere del Ticino, alla Regione, ai leghisti che in Consiglio di Stato e in Gran Consiglio hanno detto SÌ, Lorenzo Quadri, che naturalmente di scuola se ne intende più di una Montessori, sfida addirittura Mosè e ci propone i suoi 10 comandamenti”, scrive piccato Bertoli sul suo sito. Dunque, ecco le due opinioni a confronto.

Per Quadri, il primo punto è “No al livellamento verso il basso delle competenze degli scolari ticinesi”.
Bertoli ribatte: “Lorenzo ha certezze granitiche e ha paura di fare l’esperienza e vedere se le cose stanno davvero così o se le sue teorie saranno clamorosamente smentite. La storia ci dice che quando si sosteneva lo stesso concetto ai tempi dell’unificazione di scuole maggiori e ginnasio nella scuola media, il mitico abbassamento del livello generale non si è prodotto. Anzi. Il Ticino, unico Cantone che ha la scuola secondaria unificata, ha ottimi risultati per gli allievi migliori ed è tra i primissimi in tutte le classifiche sui titoli di maturità o accademici”.

Al punto due, un “No alla sostituzione della parità di partenza con la parità d’arrivo”, la risposta è: “Quella della parità di arrivo è una simpatica scempiaggine che Lorenzo si dev’essere sognato. La parità di partenza è la base della riforma, ma ne è un obiettivo anche l’accompagnamento degli allievi verso il miglior risultato possibile per ciascuno”.

Quadri dice “No ad una scuola non svizzera” e il Ministro non gli dà torto: “Qui Quadri ha ragione. Non vogliamo una controriforma, non vogliamo tornare ad una scuola che separa gli allievi a 10 anni sulla base di grossolanità, come accade purtroppo negli altri Cantoni. Questo sistema in Ticino l’abbiamo abbandonato 40 anni fa e non lo vogliamo di certo reintrodurre”.

Poi si arriva al punto quattro, per i fautori del no “No alla creazione della scuola pubblica socialista”, qui Bertoli è secco: “Questa è folcloristica, anche perché diversi Paesi comunisti proponevano anch’essi una scuola basata sulla selezione, che per fortuna non è la nostra tradizione. La scuola pubblica ticinese è da molti anni inclusiva, è di tutti ed è giusto che sia così. Non è il colore politico del capo del Dipartimento che connota questa ed altre istituzioni, il nostro sistema politico per fortuna non lo permette”.

Al “No alla trasformazione della scuola da istituzione a servizio sociale” invece il socialista dice che “questa è surreale. Il progetto La scuola che verrà investe nei docenti, dando loro le condizioni per essere vicini agli allievi. I bravi docenti potranno così operare meglio. Non c’è nulla che si riferisce alla socialità in questo progetto, che è eminentemente educativo”.

Quadri non vuole “rendere ancora più egualitarista la scuola ticinese, che è già la più egualitarista della Svizzera”, Bertoli gli chiede: “Lorenzo, fammi capire: vogliamo rendere la scuola meno equa e più discriminatoria? Abbiamo un sistema equo che funziona e vogliamo renderlo iniquo? Sulla base di quali criteri oscurantisti?”.

Il punto sette è “no all’utilizzo di allievi come cavie umane (e se la sperimentazione fallisce, chi si assume la responsabilità)?”. Risposta: “Gli allievi delle sedi sperimentali, che faranno lo stesso programma degli altri allievi ma avranno più vicinanza con i loro docenti, non rischiano certo di essere seguiti peggio di oggi. Se l’esperienza non dovesse dare risultati migliori di quelli attuali sarò io a prendermene la responsabilità, significherà che le misure proposte non si saranno dimostrate efficaci per fare dei passi avanti, ma in ogni caso gli allievi non subiranno alcuna ripercussione negativa”.

L’ottavo motivo del no è l’essere contrari a “una sperimentazione che non è affatto tale, ma è la partenza della riforma: il rapporto taroccato alla fine dei tre anni sperimentali è già programmato (inoltre, a dimostrazione della totale opacità dell’operazione: nemmeno si sa quale istituto verrà incaricato di stilarlo, e con quali indicatori)”.
“Questo è un insulto al Gran Consiglio, che certamente sarà chiamato e vorrà dire la sua al termine dei tre anni sperimentali, e alla ricerca svizzera, che è di prima qualità a livello mondiale. L’istituto che farà la valutazione lo deciderà il Consiglio di Stato e sarà esso stesso a dirci come intende procedere. Vogliamo insegnare ai ricercatori il loro mestiere?”, replica Bertoli.

Il penultimo punto è finanziario: “No a costi stratosferici ed esplosione della burocrazia: 7 milioni per la sperimentazione e 35 milioni all’anno per l’implementazione in caso di approvazione popolare. Costi che evidentemente pagherà il contribuente. Intanto però, adducendo misure di risparmio, il Dipartimento taglia sulle risorse per casi difficili. Quindi si risparmia sulla pelle degli allievi più fragili, danneggiando loro, le loro classi ed interi istituti scolastici. Poi però al DECS i grandi scienziati in pedagogia, che mai hanno messo piede in un’aula, si sciacquano la bocca con “l’inclusione”.
Bertoli snocciola cifre: “Le risorse per i casi difficili non sono mai state tagliate, sono state riallocate e concentrate per renderle più efficaci, e la riforma è stata progettata da persone che nella scuola hanno passato molti anni e in parte ancora ci lavorano direttamente. La spesa in caso di generalizzazione sarà di 25 milioni per il Cantone, meno dell'1% di quanto esso spende e circa quanto concesso ai contribuenti più abbienti con l’ultimo pacchetto fiscale e sociale; non ci porterà certo al top della spesa pro capite per l’educazione, ma faremo un bel passo avanti. Lo stesso dicasi per i 9 milioni di spesa per i Comuni”.

Infine: “No ad una riforma che spinge tutti verso il liceo, svilendo la formazione professionale”. Il Consigliere di Stato se la ride, “questa è particolarmente bella. Con la riforma i criteri di accesso alle scuole post-obbligatorie rimangono gli stessi, anzi, togliendo i livelli A e B finalmente si toglie l’impressione, profondamente sbagliata, che le scuole professionali siano scuole di seconda scelta, valorizzandole più di oggi”.

Infine commenta: “caro Lorenzo, come novello Mosè vali poco. Il tuo decalogo è un’accozzaglia di fandonie che non vale nemmeno la carta su cui è scritto”.

In un altro articolo, Quadri scrive che “la riforma bertoliana è un gigantesco piano occupazionale. Comporterà l’assunzione di docenti a bizzeffe oltre che di altre figure professionali psicopedagogichevattelapesca. Piccolo problema. In Ticino non ci sono tutti i docenti che servirebbero alla scuola ro$$a. E come verrà risolto il problema nel caso in cui la riforma dovesse venire approvata? Elementare Watson: tramite l’assunzione massiccia di docenti dalla Fallitalia! Capita l’antifona? La Scuola che verrà si tradurrà in un enorme piano occupazionale per insegnanti frontalieri”. Non è la prima volta che sostiene l’arrivo di lavoratori frontalieri, non solo fra i docenti.

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