di Lorenzo Quadri*
Lavaggio del cervello ai cittadini: ecco come l’establishment politico, economico e mediatico sta tentando di sdoganare l’accordo quadro istituzionale. Ossia quel trattato che, se approvato, costituirà la lapide tombale della nostra sovranità, della nostra indipendenza, dei nostri diritti popolari.
Da settimane è in atto l’offensiva dei sondaggi taroccati, concepiti con lo scopo di far credere al “volgo” che il citato accordo coloniale godrebbe del sostegno della maggioranza.
La scorsa settimana Economiesuisse – organizzazione legata a doppio filo con il PLR, e dove a menare il torrone sono i manager stranieri delle multinazionali, ai quali del nostro paese importa meno di zero – ha pubblicato un’inchiesta, commissionata al solito istituto bernese compiacente, secondo cui il 67% delle aziende sarebbe favorevole all’accordo quadro. A giustificazione dell’improbabile risultato, si recita il mantra della “certezza del diritto”. L’unica certezza che comporta in questo campo il trattato coloniale con l’UE sarebbe quella di doversi adeguare ai mutevoli Diktat in arrivo da Bruxelles. Si tratta della ripresa dinamica, ossia automatica, del diritto comunitario. E poco importa se questi ordini impartiti dall’alto saranno o meno compatibili con le nostre leggi, con le nostre tradizioni, fianco con la nostra volontà popolare e con la nostra Costituzione. Emblematico il recente caso del Diktat disarmista dell’UE, davanti al quale il solito triciclo PLR-PPD-PSS si è prontamente inginocchiato, riuscendo (ahinoi) a trascinare con sé la maggioranza dei cittadini elvetici; con l’unica lodevolissima eccezione dei ticinesi.
“Certezza del diritto” è semmai la garanzia che ciò che il popolo sovrano vota, venga anche applicato. L’accordo quadro comporta la distruzione totale di questa sicurezza, che sta alla base del modello politico svizzero.
Le domande “giuste”
È pertanto manifesto che le domande dei sondaggi farlocchi sull’accordo quadro sono state somministrate in forma quanto meno “suggestiva”. Vale a dire, con l’obiettivo di ottenere il responso, favorevole al trattato, desiderato dal committente dell’indagine demoscopica (ovvero: da colui che la paga, secondo il principio universalmente valido del “chi paga comanda”).
Ciò è plateale a maggior ragione per il sondaggio che pretende che il 60% dei cittadini elvetici sostenga l’accordo quadro. Qualcuno vuole forse farci credere che il 60% degli interpellati avrebbe risposto affermativamente a domande quali: “sei favorevole alla ripresa automatica del diritto UE? Sei favorevole ai giudici stranieri della Corte europea di giustizia? Sei favorevole all’applicazione, in Svizzera, della direttiva europea sulla cittadinanza? Sei favorevole all’abolizione delle misure accompagnatorie alla libera circolazione? Sei favorevole all’abbandono delle banche cantonali con garanzia dello Stato?”, eccetera. Suvvia, siamo seri.
La grancassa
Le stesse taroccature, sia d’impostazione che interpretative, sono state evidentemente applicate al sondaggio tra le aziende, per ottenere il responso desiderato dai “padroni del vapore” a scopi propagandistici. Obiettivo: permettere ai vertici nazionali di Economiesuisse di tornare alla carica con la pretesa di svendere la Svizzera in cambio di presunti – ma davvero solo presunti – vantaggi economici a beneficio di pochi privilegiati e a danno di tutti gli altri cittadini.
Inutile dire che sull’esito di queste indagini farlocche la stampa vicina all’establishment ha suonato la grancassa della propaganda di regime.
Nello stesso filone si inserisce, evidentemente, il terzo studio taroccato presentato di recente: quello con cui alcuni professorini neocastellani, che il Ticino l’hanno forse visto in cartolina, pretendono di insegnarci che i frontalieri sarebbero una manna dal cielo.
Il nuovo quadriennio
Con l’avvicinarsi delle elezioni federali e con l’apertura di un nuovo quadriennio in cui, a Berna, si decideranno i destini della Svizzera – nazione libera e sovrana, o colonia di Bruxelles? – la propaganda europeista gira al massimo regime. Sembra di essere tornati indietro di oltre un quarto di secolo, quando la posta in gioco era l’adesione del nostro Paese allo SEE: una sciagura che venne sventata grazie al Ticino ed alla Lega. C’è da sperare che la vicenda dell’accordo quadro si concluderà allo stesso modo. Altrimenti, povera Svizzera!
*Consigliere Nazionale, Lega dei Ticinesi