BELLINZONA – Cercasi candidati… su Facebook per Ticino&Lavoro. Giovanni Albertini ha esordito in politica con l’allora PPD ma se ne è ben presto staccato per dedicarsi al mondo dei disoccupati, con la sua Associazione Ticino&Lavoro, fondata otto anni fa.
“Va alla grande. Stiamo riuscendo ad aiutare diverse persone a trovare lavoro, grazie anche alla mia azione di collocatore volontario”, ci dice con entusiasmo.
Ma non si ferma qui: Ticino&Lavoro per la prima volta presenterà una lista alle cantonali. E trovare candidati non è sempre facile. Per questo Albertini si è affidato a Facebook: “Sto cercando dei candidati per le prossime Elezioni Cantonali (aprile 2023) per il Movimento Ticino&Lavoro - MTL. Niente riunioni, niente soldi, solo sostegno mettendovi in lista. Ormai sapete tutti cosa facciamo di concreto con Ticino&Lavoro! Sono disperato da una parte e triste dall’altra perché nemmeno a pregare trovo qualcuno! Se avete pietà e senso di generosità nei miei confronti contattatemi, basta una firma!”.
Un post tra il serio e il faceto che ha avito successo, perché in poche ore si sono fatte sentire una ventina di persone. Il sogno è quello di ottenere un seggio in Gran Consiglio, per portare avanti le tematiche che emergono quotidianamente interagendo con i disoccupati, in particolare in favore del ceto medio, “che ormai si sta sempre più erodendo”. Sarà una campagna elettorale a zero spese. “I soldi che incassiamo li vogliamo usare per i nostri progetti. Per dire, con quanto ottenuto dopo essere entrati in Consiglio Comunale a Lugano, circa 13mila franchi, ho potuto impegnarmi come desideravo a fare il collocatore volontario e abbiamo rifatto il sito. Ogni franco eventualmente incassato dalla politica verrebbe usato per i nostri progetti a favore dei disoccupati e di chi è in difficoltà”.
Qui Albertini lancia la prima stoccata ai politici, a chi spende cifre considerevoli per essere eletto. “Dovrebbero utilizzare quel che guadagnano con la vita politica per i bisogni della gente, non per il proprio tornaconto personale, voltando le spalle a coloro che dicono di voler tutelare”.
Ticin&Lavoro da anni ha le idee chiare su che cosa servirebbe per migliorare il mercato del lavoro. “Ci vorrebbero in primis una riforma degli URC e l’insegnamento del tedesco sin da piccolini. Ma anche una riformulazione del servizio di orientamento professionale, sia per gli studenti che per i disoccupati. È necessario che si venga guidati verso le professioni dove ci sono posti vacanti e dove ci sarà richiesta e che andranno per la maggiore. Non si possono indirizzare tutti verso lavori amministrativi, per esempio. E penso a lavori come il cuoco o il cameriere, che con gli stipendi attuali difficilmente permettono di arrivare a fine mese, a meno che non si va a vivere in Italia”.
“La politica negli ultimi vent’anni non ha risolto nulla”, incalza Giovanni Albertini. Perché passare da iniziative legate strettamente al mondo del lavoro ad altre più ampie è un attimo: “Qui abbiamo gli stipendi più bassi ma paghiamo più cassa malati e più imposte di circolazione. È decisamente qualcosa di contorto e si dovrebbe lavorare a livello cantonale e nazionale. Ci vorrebbe una sorta di linea verde o arancione per le zone di confine, che necessitano di agevolazioni nelle spese fisse”.
Albertini oltre a rivendicazioni per il lavoro vorrebbe tematizzare l’innovazione. “Mi piacerebbe spingere il Ticino a osare sempre di più, a diventare un luogo attrattivo dove vivere. In questo modo si creerebbero posti di lavoro, è tutto un circolo virtuoso”.
La sua attenzione va al ceto medio. “Lo chiamiamo ancora così però di fatto non esiste più. Cito le famiglie, dove si è costretti a lavorare in due per far fronte alle spese con asili che costano un terzo di stipendio. Io darei anche un sostegno ai nonni in pensione che si occupano dei nipotini. E interverrei sulle pensioni, che così come molti stipendi non si adattano al caro vita da anni”.
Non solo politica. Anche l’Associazione ha tante idee. L’obiettivo primario è quello di farsi conoscere da quei datori di lavoro che non usano i social e non sono quindi a conoscenza del servizio gratuito offerto, in modo da ampliare il bacino di contatto tra disoccupanti e potenziali aziende disposte a assumere personale domiciliato.
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