BELLINZONA - Una ferma condanna. Brenno Martignoni, primo cittadino di Bellinzona, reagisce allo striscione anti migranti esposto ieri a Castelgrande dal gruppo Junge Tat, di ispirazione neonazista.
La Gioventù Socialista oggi in una nota ha chiesto ai partiti borghesi, soprattutto alle forze di destra, di prendere posizione. "È nostro dovere opporci alle loro politiche neonaziste, mentre gli altri partiti politici di destra rimangono inaccettabilmente in silenzio accettando e legittimando le loro attività. Denunciamo l’attività neonazista di Junge Tat, denunciamo il loro tentativo di criminalizzare le persone migranti e precarizzare la loro situazione già instabile", avevano scritto.
Ed è arrivata l'opione, netta e senza se e senza ma del Presidente del Consiglio Comunale e candidato UDC alle federali. "In merito all’ Azione dimostrativa di protesta ieri, sabato 30 settembre, del gruppo di estrema destra Junge Tat, che dalla torre più alta di Castelgrande a Bellinzona ha srotolato un imponente striscione, in inglese, inneggiante al rimpatrio immediato dei migranti", ha raccontato.
"Non solo esprimo la mia decisa condanna di queste modalità preoccupanti e prevaricatrici. Indubbiamente, non devono essere tollerate e vanno bloccate sul nascere. Ma aggiungo di essermi subito adoperato per un pronto intervento", aggiungendo di essere stato tra i primi a chiamare chi di dovere. "Sul posto sono prontamente intervenute le forze di Polizia, che hanno rimosso lo striscione, mentre gli autori si erano nel frattempo dileguati".
"Questi modi sono inaccettabili per qualsiasi tipo di messaggio. Ma, a maggior ragione, per questioni tanto sensibili e delicate quanto l’immigrazione e le difficoltà umane che ne derivano", è l'opinione dell'ex sindaco, che sottolinea come "Junge Tat, movimento tenuto sotto osservazione dalle autorità federali per la natura delle sue idee, nel recente passato si era già reso protagonista di analoghe incursioni in diverse piazze della Svizzera; ma mai, prima di ieri, lo aveva fatto in Ticino".
Infine, sul silenzio di tutti gli altri rappresentanti della politica cittadina e cantonale, cita Oriana Fallaci. "Nei suoi pensieri riguardo ai temi legati all'11 settembre 2001, ebbe a dire: vi sono momenti, nella vita, in cui tacere diventa una colpa e parlare diventa un obbligo".