BELLINZONA – Un altro caso di malasanità? Lo denuncia con una dettagliata interrogazione Matteo Pronzini, il quale sostiene la tesi che il DSS abbia coperto svariate cose che non funzionavano nella società di cure a domicilio ABAD. Il personale, dice, da anni, già dal 2010, segnala al Municipio bellinzonese vari disagi, ma è inascoltato.
“La lettura delle numerose lettere e prese di posizioni del personale sono da questo punto di vista molto inquietanti. Le numerose partenze, volontarie o spinte, del personale né sono un chiaro sintomo. È dunque molto poco credibile che le autorità cantonali responsabili, a cui compete la vigilanza della legge sull’ assistenza e cura a domicilio e della legge sanitaria, non abbiano avuto in questi ultimi anni sentore di questa mala gestione. Tanto più che in base all’articolo 18 LACD il Cantone è rappresentato nell’organo amministrativo di ogni SACD di interesse pubblico", scrive il deputato MPS. “Fa specie, ma non sorprende visto i numerosi precedenti, l’atteggiamento passivo e negligente delle autorità cantonali a cui spetta la vigilanza sulla struttura: Direzione del DSS, medico cantonale e ufficio anziani”.
Tra l’altro, “di pari passo con l’aggravarsi della situazione gestionale del personali ABAD chiude regolarmente con importanti avanzi finanziari ed un aumento del capitale proprio (oltre 1 milione in pochi anni). Sembrerebbe quasi che gli scopi associativi non siano la cura dei pazienti ma immobiliari".
Cosa non funziona, in ABAD? Per prima cosa, “nel corso degli ultimi anni vi sono state numerose modifiche della struttura operativa di ABAD (suddivisione delle zone e delle figure responsabili) accompagnata, nel passato recente, da un dimezzamento delle risorse a disposizione per i capo-équipe: da un 400% FTE si è passati ad un 240% FTE. Attualmente il personale occupato quale capi-équipe (figure chiave il cui ruolo è sancito e specificato nella relativa legge cantonale) svolge tale funzione nella misura del 40%, per il rimanente 60% è occupato quale infermiere. Una situazione ingestibile: prova ne sia che nel corso dell’ultimo anno tutti i capo-équipe (6 su 6) hanno dimissionato o lasciato tale funzione. Questa riduzione delle percentuali per i capo-équipe avvengono in un contesto in cui le ore erogate, così come il numero di personale è costantemente aumentato. Non bisogna inoltre dimenticare che in questi anni si è assistito ad un aumento della complessità dei casi anche a causa delle dimissione sempre più precoce dagli istituti ospedalieri”.
“Le formazioni interne sono rare. Non vi è una formazione interna strutturata ed un accompagnamento nella fase di apprendimento e consolidamento. Di conseguenza il personale viene messo in condizione di sentirsi insicuro nello svolgimento del proprio lavoro. Per le formazioni esterne spesso si chiede al personale di svolgerle durante il proprio tempo libero e si fa fatica a riconoscerle a livello salariale. Al personale dirigente ed infermieristico viene sovente negata la possibilità di svolgere le diverse formazioni necessarie per uno svolgimento eccellente del proprio lavoro”, creando paura e diminuzione dell’autostima.
Manca una commissione interna del personale e “il rischio aziendale legato alla fluttuazione dei pazienti è scaricato sulle spalle del personale. Una parte importante del personale ha dei contratti a tempo parziale con un numero di ore inferiore alle ore di lavoro effettivamente prestate, con l’obbligo, tuttavia, di prestare ore straordinarie quando il servizio lo necessita. Di fatto si utilizzano forme di lavoro su chiamata, imponendo al personale d’essere a disposizione a tempo pieno con una retribuzione a tempo parziale. Tale situazione va di pari passo con una pianificazione ed una comunicazione dei piani di lavoro last minute e con continui cambiamenti. Vi è inoltre un tentativo di non rispettare i diritti del personale (in prevalenza femminile) in materia di assenze pagate per cura dei figli, così come innumerevoli ostacoli alla concessione di vacanze durante i periodi di vacanze scolastiche alle persone con figli a carico”.
Sovente il materiale è carente e a volte addirittura si cerca di farlo pagare ai dipendenti, le cartelle sanitarie sono a domicilio dai pazienti.
Ultima ma non ultima, sarebbe problematica la posizione del direttore Roberto Mora:” il direttore sanitario, su ordine del Comitato ed allo scopo di non mettere in ombra il direttore amministrativo Roberto Mora non ha il permesso di definirsi direttore sanitario ma deve ripiegare sulla denominazione di responsabile sanitario. Evidentemente il problema non è formale, ossia limitato alla semplice denominazione, ma sostanziale considerato che presso ABAD il direttore sanitario è subordinato a Roberto Mora anche per gli aspetti di politica sanitaria senza che quest’ultimo né abbia le competenze. Una situazione surreale che conferma ulteriormente la presenza di strutture e logiche non conformi alle disposizioni legali, pensate per garantire la qualità delle cure”. Inoltre, “vi è il sospetto che il direttore Roberto Mora abbia accesso alla posta elettronica ed al materiale informatico del personale. Un sospetto che, se confermato, potrebbe avere anche delle rilevanze penali".
Pronzini chiede al Consiglio di Stato:
“1. La rappresentante del Cantone nel comitato ha mai segnalato alcuni degli aspetti della mala gestione presente da anni presso ABAD e che abbiamo qui sopra richiamato? Se sì, cosa ha segnalato? Che provvedimenti ha adottato l’autorità cantonale?
2. Se no, per quale motivo non lo ha fatto?
3. Se no, ora che il CdS è informato di questa mala gestione cosa intende intraprendere per ristabilire un sano ambiente di lavoro ed un rispetto delle disposizioni legali?
4. Sa il Consiglio di Stato se i Municipi del Comprensorio ed in particolare quello della Città di Bellinzona ha chiesto spiegazioni ai suoi rappresentanti sulla ragioni alla base della mala gestione di ABAD?"