BELLINZONA – Suva afferma che non ci sono tate morti a causa del cancro polmonare causato dall’amianto alle Officine? Per alcuni familiari di operai deceduti, non è così. Sono indignati e arrabbiati.
Alla RSI una donna ha deciso di parlare. Suo marito, Marco Meroni di Biasca, se ne è andato pochi mesi fa. “Se ti riconoscono la malattia professionale, significa che la Suva abbia ammesso che qualcosa sia successo. Io percepisco, ancora ad oggi, delle indennità: dunque, che siano onesti nel dire che i decessi ci sono stati”, afferma.
“Perché negano? Sono dei casi che costano, in Svizzera, mi hanno detto, sono aumentano il 100%”, spiega. Suo marito nel 2017 scopre di avere un cancro, dopo due anni di analisi. “Sono servite quattro TAC”, racconta la donna. “Il tumore non risultava, è arrivato solo con la PET, un esame molto costoso”.
Si poteva sconfiggere? Per lei sì. “Avevo detto anche a mio marito che avrei fatto una battaglia. Lui mi diceva che sarebbe morto di questo. Ogni volta che faceva i controlli mi diceva ‘non me l’hanno trovato’, ogni volta era una sofferenza. Magari posso aiutare qualcuno a curarsi prima, oppure che la Suva faccia le PET per tempo”.
La Suva si è vista costretta a correggersi, spiegando che la risposta iniziale riguardava il 2012, mentre "pochi dipendenti delle FFS sono stati colpiti da un mesotelioma pleurico dovuto a un'esposizione da amianto, che si presenta molto più spesso del cancro ai polmoni e necessita di un'esposizione minore". Tra loro, Marco Meroni.