di Don Gianfranco Feliciani
Il 31 agosto di dieci anni fa moriva il cardinale Carlo Maria Martini, una delle figure più significative della Chiesa di Giovanni Paolo II, che lo scelse in maniera personalissima quale arcivescovo di Milano, la Diocesi più grande mondo. Paradossalmente, Martini, scelto dal Papa, finì per diventare agli occhi di molti come “l’anti-Wojtyla”, anche se in lui assolutamente nulla ha fatto mai pensare alla contrapposizione.
Eppure le visioni erano differenti, e non di poco, come appare chiaramente dal giudizio che Martini espresse al processo di beatificazione di Giovanni Paolo II: “Non sempre mi sentivo d’accordo con alcune sue impostazioni pastorali o disciplinari o con il suo giudizio su alcune persone… Ritengo che le sue scelte di persone, soprattutto negli ultimi anni del suo pontificato, non furono sempre le più felici… Emerge naturalmente la virtù generale della perseveranza in un compito arduo e difficile. Non saprei però dire se abbia perseverato in questo compito anche più del dovuto, tenuto conto della sua salute. Personalmente riterrei che aveva motivi per ritirarsi un po’ prima. Certamente è da ammirare il suo coraggio dopo l’attentato del 1981, dopo il quale non si ritirò minimamente dal contatto con la folla… Era così al centro dell’attenzione da sminuire praticamente il ruolo della Chiesa locale e del vescovo. La gente lo percepiva un po’ come il vescovo del mondo”.
Martini è stato l’uomo che, nutrito di Sacra Scrittura fin da ragazzo, in piena sintonia con il Concilio Vaticano II, ha creduto come pochi all’urgenza di riportare al centro della vita della Chiesa la Parola di Dio, la Bibbia, la persona di Gesù di Nazaret. E da qui il coraggio di porsi in un atteggiamento di dialogo rispettoso, franco e cordiale con tutti, perché la “Buona Novella” è destinata a tutti, fino a far salire in cattedra i fratelli non credenti, più che mai convinto che anche a loro è donato quello Spirito di Dio che, come dichiara Gesù nel Vangelo, “soffia dove vuole e quando vuole” (Giovanni 3,8).
Naturalmente anche Giovanni Paolo II era convinto di questo, ma tra lui e il cardinale Martini c’era sovente una visione diversa sul come tradurre la Parola di Dio nel concreto della vita. Per esempio: sul divieto per i divorziati risposati di accedere ai sacramenti (chi è degno di fare la Comunione?), Martini, in quella memorabile intervista rilasciata poche settimane prima della morte, così obiettava: “I sacramenti non sono uno strumento per la disciplina, ma un aiuto per gli uomini nei momenti del cammino e nelle debolezze della vita. La domanda se i divorziati possano fare la Comunione dovrebbe essere capovolta. Come può la Chiesa arrivare in aiuto con la forza dei sacramenti a chi ha situazioni familiari complesse?”. Insomma, la Parola di Dio ci porta ad aprirci fino all’ampiezza del Cuore di Dio. Non finiremo mai di convertirci… Vale per tutti, Papi e Vescovi compresi.