di Don Gianfranco Feliciani
Tutte le sere i telegiornali ci informano sulla guerra in Ucraina, in Israele, a Gaza e in tanti altri luoghi del pianeta. Le immagini di dolore e di devastazione che quotidianamente passano sotto i nostri occhi ci sono diventate ormai così familiari, che finiscono per non colpirci più di quel tanto. In parte si può capire – un singolo individuo non può addossarsi tutta la sofferenza del mondo –, ma il rischio gravissimo di cadere nell’indifferenza, nell’insensibilità, e perfino nel cinismo, esiste eccome!
E poi, l’indifferenza verso le sofferenze dei lontani, finisce per renderci insensibili anche verso le sofferenze dei vicini. Il primo grande male nei confronti di chi soffre, così facile a compiersi, è quello dell’indifferenza. Emblematica al riguardo è la parabola evangelica del “buon Samaritano”… “Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico e cadde nelle mani dei briganti, che gli portarono via tutto, lo percossero a sangue e se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e, quando lo vide, passò oltre. Anche un levita, giunto in quel luogo, vide e passò oltre” (Luca 10,30-32). Forse si impietosirono quei due, ma non mossero un dito per aiutare il malcapitato.
Istintivamente noi tendiamo a mettere, tra noi e tutti quelli che conducono una vita grama, vicini o lontani che siano, dei doppi vetri. L’effetto dei doppi vetri, oggi così sfruttato, è che impedisce il passaggio del freddo e dei rumori, stempera tutto, fa giungere tutto ovattato. E infatti vediamo i poveri muoversi, agitarsi, urlare dietro lo schermo televisivo e sulle pagine dei giornali, ma il loro grido ci giunge come da molto lontano. Non ci tocca il cuore.
L’altra sera, mentre guardavo il Tg che mostrava l’ultimo bombardamento israeliano su Gaza, di colpo una “strana” domanda mi ha invaso il cervello: che reazione avrei se in questo momento, mentre vedo in televisione le immagini del crollo di un edificio, e quelle di persone ferite e morte stese a terra, improvvisamente riconoscessi tra le vittime persone che conosco, addirittura un amico o un membro della mia famiglia? Che grido mi uscirebbe dalla gola!
Che mutamento di cuore rispetto a un istante prima! Cosa accadrebbe? Una cosa semplicissima: ciò che prima vedevo solo con gli occhi, ora lo vedo con il cuore! Ma con il tempo, purtroppo, ci si abitua a tutto, e noi rischiamo di abituarci alla sofferenza altrui, anche davanti alle immagini di corpi scheletriti dalla fame e dilaniati dalle bombe. “Signore, donaci una profonda inquietudine del cuore, perché impariamo a guardare i nostri fratelli con occhi nuovi pieni d’amore”.