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Oblò
26.09.22 - 08:450
Aggiornamento: 28.09.22 - 11:26
 

Eugenio Jelmini e la lotta contro il cancro: “Anche i guerrieri muoiono”

"Bisognerebbe lasciare a un malato il sacrosanto diritto di sentirsi fragile, debole, sconfitto o incazzato. Ed evitare di caricargli, oltre al peso della malattia, anche quello di non deludere le persone che gli dicono 'Ce la farai'"

di Eugenio Jelmini 

 

Il vissuto recente e la morte di una giovane amica stroncata da un tumore dopo mesi di lotta mi ha fatto rivivere un passato intimo, e così sono andato a rileggere per la prima volta il diario che avevo scritto durante la malattia di mia moglie. Ci sono costanti in questo tipo di esperienze, una riguarda la reazione di molti malati verso chi li invita di continuo alla positività e alla combattività. Maria al proposito si sfogò dal suo letto con la solita sarcastica lucidità: “comprendo l’esigenza di non lasciarsi andare e di combattere, ci mancherebbe altro. Ma buttare addosso a chi già soffre tutta la responsabilità, come se la guarigione o il mancato aggravamento dipendessero solo da lui, mi sembra eccessivo e insultante. Se non te la cavi è perché non hai pensato positivo: insomma le beffe oltre al danno”.

In quel stesso periodo - era il 2018 - Nadia Toffa, presentatrice della trasmissione “Le Iene” anche lei colpita da un cancro, affidò a un libro il suo messaggio di ottimismo a 360 gradi e di predominio assoluto della volontà sul male fisico e sulle disavventure in ogni campo. Come se DNA, destino, carattere, fatti e incontri della vita non fossero variabili che si frappongono alla ricerca della perfezione, della guarigione e della felicità. Massimo Gramellini, sul “Corriere della sera”, chiosò: “Tante persone hanno cercato con accanimento l’amore o il lavoro dei propri sogni e poi hanno dovuto accontentarsi di compromessi mediocri, subordinando la volontà alla sopravvivenza. Affermare che “volere è potere” finisce per assegnar loro, senza volerlo, il marchio immeritato di falliti. E tanti pazienti affrontano da anni il dolore con immenso coraggio. Andrebbero considerati degli imbelli solo perché il male continua a sovrastarli?”

Uno dei ritratti di donne che Matteo Bussola ha raccolto nel suo recente “Il rosmarino non gradisce l’inverno” è dedicato a una trentacinquenne, che dopo essere guarita da un primo tumore, si trova a dover affrontare preoccupanti recidive. E che se la prende con chi le dà della guerriera. “La verità è che nella malattia non ci sono guerre da vincere, ci sono solo persone che fanno di tutto per restare vive. C’è chi guarisce e c’è chi purtroppo, non ce la fa. Quelli che guariscono non hanno vinto, quelli che non guariscono non hanno perso. 

Chi ce la fa a volte ha solo avuto più fortuna e bisognerebbe lasciare a un malato il sacrosanto diritto di sentirsi fragile, debole, sconfitto o incazzato. Bisognerebbe evitare di caricargli, oltre al peso della malattia anche quello di dover guarire per non deludere le persone che gli dicono “forza sei un guerriero, ce la farai”.

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