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Cronaca
10.02.17 - 19:000
Aggiornamento: 21.01.22 - 14:40

"Complotto" sul 9 febbraio? L'amarezza di Chiesa, «i nemici della nostra democrazia li abbiamo in casa»

Levrat, Rechsteiner, Müller e Keller-Sutter avrebbero architettato la legge di applicazione. «A Palazzo ci hanno abituato a certe bassezze. PS, PLR e PPD non hanno mai voluto applicare contingenti e tetti massimi»

BERNA - La legge di applicazione del 9 febbraio che tanto ha fatto e continua a far discutere, è in realtà frutto di un accordo segreto che risale addirittura a fine 2015. Lo ha svelato oggi, a tre anni dal voto, la RTS: a ordire la trama sarebbero stati il presidente socialista Christian Levrat e il numero uno dell’Unione sindacale svizzera Paul Rechsteiner, l'allora presidente liberale Philipp Müller e la sua collega Karin Keller-Sutter. L'intento era di puntare sulla preferenza ai disoccupati, senza introdurre i contingenti, e infatti così è stato. Una beffa, conoscere questo possibile accordo? Lo abbiamo chiesto a Marco Chiesa, che come Consigliere Nazionale UDC si è battuto per l'applicazione letterale della legge.La notizia la sorprende? Aveva avuto sospetti in tal senso?«Non sono per nulla sorpreso. Ho assistito in prima persona a questa disarmante farsa che è andata in scena a Palazzo federale. PS, PLR e PPD non volevano, e non hanno mai voluto, applicare contingenti e tetti massimi all’immigrazione. Come neppure la preferenza indigena, cosa che l’UDC e il sottoscritto volevano fortemente. E pensare che oggi alcuni freschi e ruggenti leader di Partito si sciacquano la bocca con il sacrosanto principio del rispetto delle decisioni popolari. Ho visto passare sotto i miei occhi testi di legge, proposte giuridiche strampalate e tentativi d’annacquamento del volere popolare che gridavano vendetta al cielo, senza però che nessuno muovesse un dito per evitare il sabotaggio».  Crede che i quattro siano stati d'accordo anche con l'UE?«La portavoce della Commissione europea Mina Andreeva ha affermato che la Commissione stessa aveva accompagnato i lavori parlamentari sul 9 febbraio, dirigendoli un po’ per assicurarsi che prendessero la giusta direzione. Ma ciò che preoccupa è che l’UE abbia trovato all’interno del nostro Paese dei “rappresentanti del Popolo svizzero” pronti genuflettersi al cospetto dei burocrati di Bruxelles. Evidentemente i nemici della nostra democrazia li abbiamo in casa».  Come rappresentante UDC e più in generale del popolo svizzero, come si sente di fronte a una notizia del genere?«A Palazzo ci hanno abituato a queste bassezze. Pensiamo a quanto PPD e PS hanno orchestrato a suo tempo contro il consigliere federale Christoph Blocher. Mi spiace molto osservare inerme come si stia mortificando la nostra democrazia diretta che, al contrario, dovrebbe rappresentare un caposaldo del nostro Paese. A Berna sediamo per applicare fedelmente ciò che il Popolo svizzero ha democraticamente deciso e non per stravolgere l’esito delle urne secondo il nostro piacimento».  Cosa vorrebbe dire a chi ha di fatto "beffato" tutti?«A me resta solo l’amarezza di aver visto naufragare la preferenza indigena sul mercato del lavoro. Chi vive sul nostro territorio dovrebbe godere, a parità di requisiti, di questo vantaggio. L’immigrazione deve essere selettiva. Se ci mancano determinate competenze ben venga l’apertura ma se abbiamo da noi lavoratori e lavoratrici formate e pronte per essere impiegate, queste devono avere la precedenza. A Berna, tutti i partiti, hanno sacrificato sull’altare dell’economia e dell’apertura incondizionata delle nostre frontiere, questa protezione del mercato del lavoro che è per me di fondamentale importanza».
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