Cronaca
06.03.17 - 14:300
Aggiornamento: 21.01.22 - 14:40
Da emissario della mafia a trafficante in proprio. L'ascesa del ticinese indagato fermata dalla 'ndrangheta
Sembra una storia da romanzo, eppure fa parte dell'indagine in cui sono coinvolti un 63enne del Bellinzonese e un italiano residente fino a poco fa ad Ascona, nell'ambito di un gigantesco traffico di droga
BELLINZONA - I tentacoli della 'ndrangheta e del traffico di droga internazionale arrivano fino a Bellinzona. Un 63enne del Bellinzonese è indagato nel quadro di un'ampia indagine che ha portato a far finire sotto la lente della giustizia calabrese un'ottantina di persone: 54 sono dietro le sbarre, altri 20 indagati, tra cui, appunto, il ticinese e un altro uomo residente sino a poco tempo fa ad Ascona. Ma addirittura il 63enne stava per staccarsi dalla mafia calabrese per avviare un proprio traffico, ed è stato bloccato perché aveva scalato rapidamente posizioni nella gerarchia del traffico di droga.
L'uomo vivrebbe da alcuni anni nella Repubblica Dominicana, e dunque è irreperibile e ricercato internazionale. Nel 2014 sarebbe andato a Medellin, in Colombia, per incontrare i narcos. Ingenti i quantitativi di droga di cui si occupava, pare avesse cercato di importare 8'000 kg di cocaina dalla Colombia.
Un suo "alleato", se così si può dire, è un italiano, 50enne, residente sino a poco tempo fa a Ascona, una persona quasi insospettabile, dato che era stato attivo in diverse società anonime come amministratore unico negli ambiti dell'import-export, della ristorazione, dei servizi di sorveglianza, nel commercio di preziosi, nello sport e anche nel campo delle opere umanitarie. Il suo ruolo nel gigantesco traffico di droga, che muoveva qualcosa come 1,7 miliardi di franchi, con l'ombra della mafia calabrese, sarebbe stato di fare la spola tra la Svizzera Interna, dove era nato, e il Ticino.
Sebbene lui e il 63enne del Bellinzonese si conoscessero bene, era comunque quest'ultimo ad avere il compito più importante. Anzi, addirittura a un certo punto avrebbe cercato di smarcarsi dalla 'ndrangheta, per la quale è stato l'emissario in Colombia dal settembre 2014 al gennaio 2015 (il suo contatto era un certo Giuseppe Mercuri), per mettersi in proprio. E il 50enne avrebbe potuto far parte del progetto. Qualcosa però è andato storto: ai calabresi non piaceva l'idea che l'uomo fosse divenuto il mediatore diretto tra Mercuri e i boss colombiani, anziché solo un co-finanziatore. Dunque, la 'ndrangheta lo ha estromesso dal giro per cui ora è indagato, compromettendo le ambizioni sue e dell'amico.
Che il 63enne fosse arrivato in alto nell'ambito di questo colossale affare lo prova un'intercettazione, emersa da un'ordinanza di 142 pagine emessa dal Giudice per le indagini peliminari di Catanzaro: parlando con Meduri, gli disse "stiamo trattando con il Dio", riferendosi a Jaime Eduardo Cano Sucerqueia, boss di uno dei più importanti cartelli della droga colombiani.
Insomma, i contatti del bellinzonese erano di alto livello, e la sua posizione era divenuta forse ingombrante per la 'ndrangheta.