Cronaca
12.10.17 - 11:560
Aggiornamento: 21.01.22 - 14:40
"Ora è arrivato il momento". Un altro italiano, paralizzato da 40 anni e cieco, sceglie la morte a Zurigo. "Avrei voluto me lo permettesse il mio paese"
Ha lasciato uno sconvolgente e umanissimo racconto della sua vita, dall'incidente quando era adolescente all'amore. "Perchè le istituzioni non capiscono i bisogn di tante persone in situazioni di gravità? Faccio questa scelta prima di trovarmi a essere un vegetale".
ZURIGO – “Vi sono situazioni che, infine, evolvono inesorabilmente verso l’insostenibilità. Sono convinto che, se avessi potuto usufruire di assistenza adeguata, come ho già detto, avrei vissuto meglio la mia vita, soprattutto questi ultimi anni, e forse avrei magari rinviato di un po’ la scelta di mettere volontariamente fine alle mie sofferenze. Ma questa scelta l’avrei compiuta comunque, data la mia condizione fisica che continua progressivamente a peggiorare e le sue prospettive”.
Un lungo memoriale, parole semplici, racconti di vita, che colpiscono al cuore. La battaglia per vivere dignitosamente, per quanto la malattia lo consente, ma soprattutto per essere assistito.
Un altro italiano ha compiuto il suo ultimo viaggio, scegliendo il suicidio assistito a Zurigo. “Avrei voluto che fosse il mio Paese, l’Italia, a garantirmi la possibilità di morire dignitosamente, senza dolore, accompagnato con serenità per quanto possibile. Invece devo cercare altrove questa ultima possibilità. Non lo trovo giusto. Il mio appello è che si approvi al più presto una buona legge sull’accompagnamento alla morte volontaria (ad esempio, come accade in Svizzera), perché fino all’ultimo la vita va rispettata e garantita nella sua dignità”, scrive Loris Bertocco, parole già sentite, troppe volte.
Non ha detto a nessuno, stando agli amici, che quello sarebbe stato il viaggio in cui avrebbe ricevuto il suicidio assistito. Pensava di volerlo, ma diceva di non essere deciso, di voler fare una ricognizione. E invece, a Zurigo è morto.
Ha lasciato un lungo memoriale, dove racconta il suo calvario, in fondo la sua vita. Era paralizzato da una quarantina d’anni, da quando, 19enne, venne investito da un’auto, con la frattura dlele vertebre C5 e C6. Seguono mesi di ospedale, di speranza, di recupero, di miglioramenti e peggioramenti, con in un’altalena. Oltretutto, ha problemi agli occhi, che lo porteranno a essere cieco.
Loris, da quel che racconta, non si è mai arreso, è stato attivo in politica, ha lavorato in radio, si è interessato dei diritti dei disabili. Ha conosciuto l’amore, sposandosi, con una donna che lo ha assistito spesso da sola 24 ore al giorno. Fino a quando non ce l’ha più fatta, e lo ha lasciato.
Un duro colpo, per lui, sotto tutti i punti di vista. Trovare qualcuno che rimanesse con lui, che cercasse di renderlo autonomo, era difficile: una donna lo aiuterà per un po’, poi la difficoltà peserà troppo anche su di lei, e da allora, non ha più trovato nessuno in grado di garantirgli un’assistenza stabile. Anche perchè lo stato non lo ha aiutato, negandogli i fondi per avere degli aiuti adeguati. Il massimo infatti è 1000 euro, nulla in un caso come il suo. E allora subentra la stanchezza, la voglia di morire. “Perché è così difficile capire i bisogni di tante persone in situazione di gravità, perché questa diffidenza degli amministratori, questo nascondersi sempre dietro l’alibi delle ristrettezze finanziarie, anche quando basterebbe poco, in fondo, per dare più respiro, lenimento, dignità?”, si chiede.
“Credo che sia giusto fare questa scelta prima di trovarmi nel giro di poco tempo a vivere in un istituto e come un vegetale, non potendo nemmeno vedere, cosa che sarebbe per me intollerabile. Proprio perché amo la vita credo che adesso sia giusto rinunciare ad essa vista la sofferenza gratuita sia fisica che spirituale che stanno progressivamente crescendo senza possibilità di revisione o di risoluzione positiva. Qualcuno ha provato a convincermi che questa scelta poteva essere rimandata, che c’era ancora tempo. Li ringrazio per questo tentativo e per essermi stati vicini, ma il mio tempo è terminato”, prosegue, lucidissimo. E poi lascia un saluto agli amici, prima dell’ultimo viaggio.
“Ora è arrivato il momento. Porto con me l’amore che ho ricevuto e lascio questo scritto augurandomi che possa scuotere un po’ di coscienze ed essere di aiuto alle tante persone che stanno affrontando ogni giorno un vero e proprio calvario. Ringrazio tutti coloro che mi sono stati vicini e che proseguiranno la battaglia per il diritto ad una vita degna di essere vissuta e per un mondo più sano, pulito e giusto”.